Tecnologia

300 milioni di euro per patenti ‘stupide’ nell’Italia (non) digitale

Il dipartimento per i trasporti sta per bandire una gara europea per l’affidamento dei servizi di stampa e recapito delle patenti di guida che dovranno essere distribuite a circa 35 milioni di cittadini italiani, nei prossimi cinque anni. Il valore dell’operazione è, più o meno, 300 milioni di euro.

Ogni patente ha, infatti, in media, un costo di 9,85 euro. Il supporto costerà 1 euro, 0,94 centesimi  la stampa e poi quasi 8 euro [7,89€] la consegna ai cittadini. Sin qui niente di strano, eccetto, forse, l’esorbitante cifra della quale ci si troverà costretti a farsi carico per recapitare a casa dei cittadini le nuove patenti.

C’è, tuttavia, un dato inquietante e sconfortante. Le nuove patenti saranno delle targhette di plastica “stupide” – ovvero senza alcuna tecnologia elettronica on board – sostanzialmente identiche alle attuali.

Un vero contro senso in un Paese che, tra cabine di regia per l’agenda digitale italiana, Decreto digitalia e la nuovissima Agenzia per l’Italia Digitale, a parole, continua a raccontare di voler investire in innovazione.

L’aspetto più inquietante dell’intera vicenda è, tuttavia, un altro.

DIGIT PA – l’Ente che tanto inutile evidentemente non è ma che ora il Governo ha deciso di smantellare per far posto alla nuova Agenzia per l’Italia Digitale – si è accorta dell’assurda vicenda e l’ha immediatamente segnalata dapprima ai vertici del Dipartimento dei trasporti e, quindi, al Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera con una lettera dello scorso 19 giugno, della quale Il Fatto Quotidiano è venuto in possesso.

Nella lettera, il Presidente di DIGIT PA, Francesco Beltrame mette nero su bianco le perplessità dei suoi uomini sull’iniziativa e riferisce di aver, senza successo, presentato al Dipartimento dei Trasporti l’opportunità di installare un chip sulle nuove patenti sia per rafforzarne la sicurezza in termini antifrode e anti contraffazione sia per renderle, eventualmente, utilizzabili per l’erogazione ai cittadini di altri servizi. Il Dipartimento dei trasporti, tuttavia – lo si riferisce nella stessa lettera – avrebbe rappresentato l’impossibilità a raccogliere il suggerimento relativo all’installazione di un chip sulle nuove patenti, in quanto “il documento patente ed il suo layout”, sarebbero “tassativamente tracciati dalle direttive comunitarie 2006/126/CE e 2009/113/CE, recepite con dlgs. N. 59 del 18/4/2011”.

Secondo il Dipartimento dei trasporti, sarebbe, dunque, la disciplina dell’Unione Europea a precludere l’introduzione nel nostro Paese di una “patente intelligente” o, almeno, più intelligente dell’attuale. 
E’, però, semplicemente una balla o, almeno, una scusa della quale, peraltro, si fa fatica a comprendere l’obiettivo.

La disciplina europea, infatti, prevede espressamente la possibilità – ancorché non l’obbligo – di inserire nelle nuove patenti di guida un chip sul quale registrare le informazioni già presenti sulla patente nonché – qualora il singolo Paese membro lo ritenesse opportuno – ulteriori informazioni relative all’identità del titolare.

Lo scorso 4 maggio 2012, d’altra parte, la Commissione Europea ha varato un apposito regolamento recante proprio “requisiti tecnici per le patenti di guida dotate di un supporto di memorizzazione (microchip)”, circostanza piuttosto curiosa se fosse vero quanto riferito dal Dipartimento dei trasporti circa il divieto di includere un chip nella patente a causa della disciplina europea.

Il chip e le informazioni supplementari su di esso registrate potrebbero essere utilizzate per una pluralità di servizi sia strumentali alle funzioni caratteristiche della patente che di altro genere e natura.

Dovendo spendere centinaia di milioni di euro – oltre 250 milioni solo di costi di spedizione – per distribuire ai cittadini le nuove patenti, varrebbe la pena che si trattasse, almeno, di patenti intelligenti  e, nei limiti del possibile, “multiuso”.

Incomprensibile, proprio per questo, la presa di posizione del Dipartimento dei Trasporti.

Silenzio, invece, dal Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera che, pure, è l’uomo della rivoluzione digitale italiana, uno dei “padri costituenti” della cabina di regia per l’agenda digitale e della nenonata Agenzia per l’Italia digitale nonché uno dei principali autori dell’emanando – almeno a parole – decreto Digitalia.

Possibile che un uomo del futuro come l’illuminato Ministro Passera preferisca che si spendano centinaia di milioni di euro in plastica anziché in chip e silicio? Qualcosa non torna.

E pensare che le patenti che in Italia non vogliamo sono già usate in Pakistan da qualche anno.