Ho un debole per Ammaniti scrittore e ho un debole per Ammaniti uomo, perché schivo, perché non lo vedo mai in televisione e perché non fa parte di quella compagnia di giro che ogni stagione corre da un salotto televisivo all’altro a presentare faccia e libri.

Uno scrittore vero, che vive del suo lavoro e che proprio perché  libero può permettersi di dire cose dell’altro mondo. Tra cui, quella riportata dal Fatto Quotidiano in una occasione pubblica, in cui ci racconta del suo desiderio di pubblicare per una casa editrice importante, indipendentemente dal suo credo politico e dal fatto che il proprietario fosse Berlusconi.

Non si nasconde dietro le ipocrisie affettate e grevi di  tanta intellighenzia italiana che pone, l’importante sederino, sempre nella poltrona giusta e si accompagna, in ossequiosa compagnia, nei luoghi della correttezza politica e della buona educazione.

Ha, ai miei occhi, un particolare pregio che deriva dal fatto che non vuole educare nessuno. L’intento pedagogico non gli appartiene perché sa, quale scrittore di razza, che l’educare non è mestiere per artisti, siano scrittori o scultori o cantanti.

Di questi tempi, Ammaniti, pare essere un alieno rispetto ai tanti suoi colleghi che non perdono tempo a farci prediche e a consigliarci come dobbiamo vivere. A dirci cosa è giusto e cosa no. Scrive e si sottrae a quello che sembra essere diventato, oggi, la nuova “mistica” dell’impegno. Quell’ideale unione che pare premiare più l’apparenza che non la sostanza. La chiassosità all’intimità. L’omologazione all’eresia.

Bene ha fatto a dire quelle parole sulla Mondadori sapendo, tutti noi, che molti altri scrittori o saggisti hanno fatto lo stesso per poi, pubblicamente ed evangelicamente, pentirsene tra applausi scroscianti.  Ma così va il mondo.

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