Il fantasma di una originale concezione del rischio d’impresa si aggira negli uffici de Il Mattino, il più importante quotidiano di Napoli, edito da Francesco Gaetano Caltagirone. Lo spettro terrorizza i giornalisti: afferma che i costi di una condanna per diffamazione, circostanza da mettere in bilancio per chi stampa e manda in edicola un giornale, vanno scaricati su chi scrive e firma l’articolo. Anche se questi ha agito in buona fede, anche se si tratta dell’ultimo manovale dell’informazione nelle ferree gerarchie della redazione dove un pezzo approda in pagina solo se vistato da più persone. Anche se il cronista in questione è collaboratore a pezzo, senza tutele, spremuto come un limone e infine dimenticato ed emarginato.
Il “Golia” Caltagirone ha notificato alla “Davide” Amalia De Simone, ex precaria del quotidiano di via Chiatamone, una citazione civile con cui le chiede “di restituire al Mattino spa la somma di euro 48.465,88”. Somma calcolata al centesimo perché, secondo il legale della società, la giornalista è responsabile “al 70%” della condanna a un risarcimento di 69.236,98 euro nei confronti di un gruppo di magistrati della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Napoli. “(La De Simone) non ha posto la dovuta cura ed esame delle fonti, è evidente che la responsabilità è sostanzialmente imputabile ad ella e non certo al direttore e all’editore” sostiene l’avvocato dell’editore nell’atto di citazione. Prima udienza a Napoli il 12 novembre.
Proviamo a riassumere la vicenda. Nel gennaio 2007 il Mattino, all’epoca diretto da Mario Orfeo, pubblica, a firma Amalia De Simone, la notizia che una maxi villa sequestrata al boss Luigi Vollaro sta per tornare in possesso del camorrista. Colpa “della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Napoli” che “dopo il sequestro non ha disposto la confisca del bene”. L’articolo nasce su imbeccata di un avvocato che gira ai cronisti un pacco di carte. Ed infatti la notizia non è un’esclusiva del Mattino: la riferiscono più quotidiani locali, con la stessa enfasi. Peccato che la notizia sia falsa e infondata, un pacco in tutti i sensi: l’istanza di revoca della confisca è stata rigettata da più di tre anni, e il 3 dicembre 2004 l’Agenzia del demanio ha consegnato la supervilla dei Vollaro al sindaco di San Sebastiano al Vesuvio. I giornali si sono fidati e hanno sbagliato.
I magistrati della Sezione Misure di Prevenzione – mai citati con nome e cognome nel pezzo del Mattino – reagiscono, come è giusto, attraverso una richiesta di rettifica. Scrivono una lettera a Carlo Alemi, presidente del Tribunale di Napoli, affinché se ne occupi lui attraverso il suo ruolo istituzionale. Alemi prova in tutti i modi a contattare i vertici del Mattino ma non ci riesce. Poi scrive invano una lettera al direttore. La De Simone casualmente apprende l’iniziativa di Alemi e fa da tramite tra il presidente del Tribunale e la redazione, va a trovare il magistrato in ufficio per raccogliere altre dichiarazioni e completare il quadro. Il Mattino però decide di non pubblicare integralmente la rettifica e di tramutarla in un trafiletto di cronaca senza firma. I magistrati non si ritengono soddisfatti e citano il giornale davanti al Tribunale Civile di Roma: “L’anonimo pubblicato – si legge nell’atto di citazione – non tendeva affatto a rettificare le notizie false, addirittura tacendo dell’avvenuta pubblicazione delle stesse su ‘Il Mattino’, richiamando i passi meno significativi della missiva del presidente del Tribunale e omettendo quelli più importanti, ricostruendo infedelmente lo svolgimento dei fatti”. Il processo si conclude con la condanna del giornale – i magistrati hanno però fatto appello perché ritengono la cifra inadeguata al risarcimento del danno e chiedono un milione di euro. Ed ora gli editori vogliono rivalersi sulla cronista, che può avere la colpa di non aver vagliato con attenzione la fonte, ma non certo quella di non aver spazio alla rettifica. E che è stata forse l’unica attrice della vicenda ad aver insistito affinché la voce dei magistrati ottenesse il risalto necessario.
La De Simone non è una sprovveduta e superficiale imbrattacarte. E’ stata finalista del premio “Ilaria Alpi”, ha vinto il premio “Cronista dell’Anno“, è stata ricevuta due volte al Quirinale. Dopo l’esperienza col Mattino, era stata assunta a E-polis, ma è finita nel tritacarne del fallimento della testata. Ora dirige Radio Siani, emittente anticamorra che ha sede in Ercolano, in un immobile confiscato al clan, e collabora alcorriere.it. Su ‘Il Mattino’ ha scritto centinaia di articoli, principalmente sui temi della criminalità e della camorra. Ha seguito vicende scabrose e delicate. Sempre da precaria. Quando i rapporti si interruppero, ha fatto causa di lavoro all’azienda. E l’ha persa. Stavolta tocca a lei difendersi. E se dovesse perdere di nuovo, si stabilirà un pericoloso precedente, che preoccupa migliaia e migliaia di precari che scrivono per due soldi e senza paracadute, ma dovrebbe mettere in guardia anche i giornalisti assunti con tutti i crismi. L’Assostampa Campania e la Commissione Lavoro Autonomo della Fnsi esprimono “indignazione e sorpresa”. “Finora – spiegano – eravamo stati abituati a difenderci, nei tribunali, dalle aggressioni da parte di soggetti terzi, mai era accaduto che a chiedere i danni ad un giornalista fosse un editore. Cosa ancora più grave se destinatario di una richiesta di risarcimento da parte dell’editore è un giornalista precario. Il Sindacato dei giornalisti ritiene che questa situazione vada al più presto chiarita con la Federazione Editori, al fine di evitare il ripetersi di simili situazioni che ledono l’indipendenza della professione giornalistica e danneggiano gravemente i colleghi e chiederà, più in generale sulle dinamiche dei rapporti di lavoro de Il Mattino, un intervento dell’Inpgi e dell’Ispettorato del Ministero del Lavoro”.