Può sembrare difficile immaginare una relazione immediata tra i costi sostenuti dall’Unione Europea nel comparto dei trasporti e le condizioni meteo, uno degli eventi fisici a maggior aleatorietà. Eppure quella relazione c’è e, secondo uno studio condotto dal Centro finlandese di ricerca VTT (Technical Research Centre of Finland – Business from technology), influisce per una cifra che sfiora i 15 miliardi di euro ogni anno. Il team di ricercatori – con partner provenienti anche da Austria, Cipro, Germania, Norvegia e Svizzera – ha calcolato i costi sostenuti dal sistema dei trasporti (automobili, ferrovie, trasporto aereo) dei 27 stati membri e derivanti da condizioni estreme del meteo. A finanziare il progetto EWENT (Extreme weather impacts on European networks of transport), il settimo Programma quadro dell’Ue attraverso il tema “Trasporti”, che ha destinato all’iniziativa quasi 1,5 milioni di euro per lo studio durato da dicembre 2009 a maggio 2012.

Incidenti stradali, spese di riparazione e servizi psicologici per le vittime: a queste voci è riconducibile la gran parte dei costi sostenuti dagli stati membri come conseguenza del meteo estremo. Dei 15 miliardi annui stimati come costo di avverse condizioni atmosferiche, circa 12 sono attribuibili a incidenti; 1,2 miliardi a costi legati al tempo (ritardi e cancellazioni); 1 miliardo circa per le infrastrutture fisiche e 0,3 miliardi per la manutenzione; per merci e logistica un costo tra 1 e 6 miliardi.

È la circolazione su strada la parte più vulnerabile del sistema quanto ad incidenti e quindi a costi – dove si concentra gran parte del traffico merci, le infrastrutture soffrono crescenti carenze e il volume dei passeggeri è più elevato – mentre, al contrario, quello via mare è quello che ha il minore impatto economico. È stato calcolato che nell’Ue i clienti dei trasportatori perdono 6 miliardi di euro ogni anno per costi legati al tempo. Alla voce “incidenti” pesano fattori come i costi amministrativi (come la manutenzione delle strade in casi di forti nevicate, soprattutto nell’Europa settentrionale) e assicurativi, la perdita di produttività e di benessere. In tal senso, il team di studiosi ha diviso il Vecchio continente in sei macro-aree climatiche (Nord Europa, regione marittimo-oceanica; regione Mediterranea; regione centrale temperata e regione orientale temperata; regione alpina): la mole più significativa di incidenti è stimata nella regione marittima (con un costo di 1.553.687 milioni di euro annui), seguita da quella temperata orientale, dove però i costi sono nettamente inferiori, quasi la metà (870mila euro). La disparità si spiega, secondo i ricercatori, con una maggiore densità di popolazione nella zona oceanica. Allo stesso tempo, la regione alpina mostra un numero di incidenti mediamente basso, ma costi in proporzione alti: 728mila euro, a causa di un reddito medio più elevato.

Per gli altri sistemi di trasporto, gli incidenti non giocano un ruolo significativo (trasporto aereo incluso): a influire sui costi, piuttosto, sembra essere il fattore tempo, come per esempio le spese derivanti da una durata più lunga a causa della riduzione di velocità o dalla cancellazione per condizioni atmosferiche avverse. Se questo è vero per i treni (prendendo ad esempio Roma, si stima che i costi causati dai ritardi ammontino ogni anno tra i 151mila e i 302mila euro) è ancora più vero per il trasporto aereo. Sul quale hanno grande impatto ritardi e cancellazioni: i danni ammontano ogni giorno a miliardi di euro a livello europeo in caso di ondate di freddo e neve o forte vento. I ricercatori hanno ipotizzato tre diverse percentuali di cancellazione voli (10, 25 e 100 per cento) e calcolato, in base alla media dei movimenti giornalieri e del numero di partenze programmate, l’impatto sui costi: a Milano Malpensa, per esempio, (109mila partenze e un movimento medio giornaliero di 598 nel 2008), i danni sarebbero ammontati rispettivamente a 7,91, 19,79 e 92,08 milioni di euro. La chiusura degli aeroporti, come avvenuto nel caso dell’eruzione vulcanica in Islanda nel 2010, ha causato perdite di quasi mezzo miliardo di euro al giorno per l’industria aerea. La stima di 15 miliardi annui che pesano sui paesi dell’Unione Europea è suffragata da presupporti forti, fanno sapere i ricercatori, e in ogni caso bisogna tenerne conto nell’affrontare problematiche legate al cambiamento climatico. La buona notizia è che il riscaldamento globale potrebbe – almeno nei paesi dell’Europa settentrionale – ridurre i costi, a meno che le condizioni atmosferiche non diventino ancora più estreme. Con l’innalzamento globale delle temperature si ridurrebbero i costi di manutenzione e si potrebbe assistere anche a un miglioramento nella sicurezza: ciò su cui resta una forte dose di incertezza è rappresentato dai contro-effetti del riscaldamento. Nel Mediterraneo, invece, dove si prevedono ondate di calore alternate a forti precipitazioni potrebbero moltiplicarsi improvvise erosioni e frane.

Ma i ricercatori si sono preoccupati anche di fare qualche previsione economica per i prossimi decenni e da qui arrivano le notizie migliori: nella classifica costi, nel periodo 2040-2070, le spese relative ad incidenti potrebbero calare a 6 miliardi; quelle relative ai ritardi a 1 miliardo; stessa cifra per le infrastrutture (la cui incidenza resterebbe sostanzialmente la stessa); tra i 2 e i 10 miliardi il comparto merci e logistica. Durante i prossimi 60 anni i progressi tecnologici relativi alla sicurezza potrebbero, dunque, ridurre fino alla metà i costi sostenuti dai paesi europei per gli effetti delle condizioni meteo sul trasporto.

di Chiara Di Martino 

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