Il premier ammette quanto negato finora: il fondo salva Stati potrebbe essere utilizzato anche per ridurre il differenziale tra Btp e Bund. Ma rimangono i dubbi sull'efficacia delle misure Ue nel contrastare gli attacchi speculativi a Italia e Spagna
“Sarebbe ardito affermare oggi che in futuro l’Italia non avrà bisogno dell’intervento di questo o di quel fondo”. Nel corso della conferenza stampa che ha fatto seguito all’Ecofin, Mario Monti ha definitivamente rotto gli indugi smentendo, o per meglio dire completando, quanto dichiarato fino a oggi. Lo scudo anti spread, faticosamente approvato nella lunga notte tra il 28 e 29 giugno scorso, potrebbe anche essere utilizzato per calmierare la tensione sui titoli italiani anche se, per il momento, se ne esclude una necessità immediata. Come a dire, per ora avanti così, in futuro, poi, si vedrà. A seconda dell’esito della solita, immancabile, prova dei mercati.
Il senso della conferenza stampa è più o meno tutto qui: l’Europa ha intrapreso un cammino verso la costituzione di un sistema di difesa dalla speculazione finanziaria, ora si tratta di valutarne l’efficacia sul campo. L’attenzione, insomma, è tutta per lui, quel fondo salva Stati (Efsf più Esm), che dovrà intervenire sul mercato (per ora quello secondario, in futuro, forse, anche sulle aste) per frenare le impennate dello spread che penalizzano i Paesi virtuosi, quelli, cioè, che pur avendo avviato le riforme e i piani di risanamento contabile, si trovano a dover affrontare le ingiuste (diciamo così) punizioni del mercato.
L’ipotesi di un futuro intervento salva Italia, in questo senso, non dovrebbe nemmeno stupire più di tanto. In fondo, a ben vedere, nella sua stessa logica il sistema anti spread sembra essere stato tarato proprio sulla Penisola. Abbiamo avviato le riforme, abbiamo imposto un’austerity doverosa ma recessiva, siamo il terzo contribuente del fondo salva Stati, partecipiamo al sostegno di Atene, Lisbona e Dublino e, infine, ci siamo ritrovati a finanziare le banche spagnole a tassi inferiori rispetto a quelli che siamo costretti a pagare sul nostro debito di medio-lungo periodo: non pensate sia giunto il momento di darci qualcosa in cambio? Nelle ultime settimane, Mario Monti avrà usato di certo parole più diplomatiche di queste. Ma il concetto ribadito ad Angela Merkel e ai falchi europei è facilmente intuibile.
Quello che resta da capire, ora, è quanto il sistema saprà essere efficace. Nei sogni del premier ci sono sempre le joint issues, un eufemismo che si traduce con “eurobond”. Ma per adesso, e chissà ancora per quanto tempo, non se ne parla. Per sperimentare una simile strategia occorrerà prima di tutto riformare il sistema verso l’unione bancaria e la supervisione accentrata, due traguardi ancora molto lontani. Resta solo l’Efsf, dunque, presto affiancato dall’Esm con 500 miliardi di liquidità ex novo che potrebbe ridursi ulteriormente per gli eventuali interventi di ricapitalizzazione bancaria. La potenza di fuoco per contrastare la speculazione ribassista che si accanisce contro Italia e Spagna è questa. Basterà?
A precisa domanda Monti risponde con una certa esitazione. “Immagino che non occorrano interventi massicci e continui” specifica, spiegando che quella del fondo dovrà essere soprattutto una funzione di deterrenza. L’idea, insomma, è che possa essere sufficiente sbandierare le risorse a disposizione per indurre i mercati ad abbandonare certe posizioni ribassiste. Il timore, tuttavia, è che, al contrario, più che le minacce implicite serviranno soprattutto i fatti. In fondo, nel recente passato, a frenare le peggiori ondate speculative sono stati solo ed esclusivamente gli acquisti della Bce (pari a circa 200 miliardi). Nulla, al momento, lascia sperare in una logica diversa.