Per salvarsi dalla scure della spending review che calerà sull'ente locale istituito vent'anni fa distaccandosi dall'omologo di Forlì, il sindaco del capoluogo romagnolo, Gnassi, si aggrappa al Titano: "I loro 30mila abitanti lavorano e studiano nella nostra area provinciale, è un dato oggettivo, il governo se lo ricordi prima di cancellarci"
Con buona pace del ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, che definisce l’accorpamento degli enti provinciali previsto entro fine anno “una vera e propria svolta nell’assetto dello Stato”, l’unione virtuosa della Romagna, infatti, stenta persino ad essere discussa. Di riunioni al momento ce ne sono pochine, semmai prevalgono le singole sortite.
Lo dimostra quanto uscito da un vertice sabato a Pennabilli, in Valmarecchia, tra il governatore Vasco Errani, il presidente della Provincia di Rimini Stefano Vitali e il sindaco Andrea Gnassi. Vitali presiede un ente che lascerà in eredità qualcosa come 60 milioni di euro di quote nelle partecipate, tra aeroporto, Università, Fiera e palazzi dei congressi: “La Provincia unica di Romagna? Ormai non ha più senso, tanto vale abolirle tutte visto che non avranno più vere funzioni”, ha detto nei giorni scorsi il presidente. Ma il vero asso nella manica l’ha sfoderato Gnassi, che si aggrappa a San Marino pur di non chiudere baracca. Senza escludere l’ipotesi del ricorso allo Stato se le cose dovessero andare male. “Il nostro tribunale- ha ricordato il sindaco al Corriere di Romagna- ha praticamente lo stesso numero di procedimenti di Bologna. Abbiamo il secondo aeroporto della Regione e il primo della riviera adriatica se si esclude Venezia; il riminese fa 15 milioni di presenze turistiche e si tratta di cittadini che, seppur temporaneamente domiciliati, vivono nella nostra provincia. E il territorio di Rimini abbraccia quello di uno Stato, San Marino, di oltre 30 mila abitanti, le cui principali attività di lavoro, di studio, di relazioni sono strettamente connesse con quelle di Rimini fino a dire che si tratta nei fatti e nella sostanza dello stesso contesto territoriale”.
Insomma, la giovane o orgogliosa Provincia rivierasca non ci pensa nemmeno a ritrovarsi in un qualche modo riunita con i forlivesi dopo appena vent’anni di ‘indipendenza’. L’idea di Gnassi potrebbe anche tradursi in un emendamento ad hoc da presentare al governo attraverso i parlamentari locali. Ma dalla stessa Provincia di Forlì-Cesena arriva subito un altolà a Gnassi, firmato dal vice presidente Guglielmo Russo: “Le fughe in avanti non servono a nessuno. Abbiamo bisogno di forte coesione e di una convinta convergenza istituzionale, a partire dalle tre Province di Romagna e in stretto raccordo con Comuni e Regione, che costruisca il terreno del confronto e della proposta”, scrive Russo in una nota in cui invita i colleghi a “costruire immediatamente un metodo e una sede adatti” all’integrazione.
Del resto, a Forlì c’è un sindaco, Roberto Balzani, che non da oggi si batte per fondere le tre amministrazioni provinciali: al suo fianco si è già schierata Ravenna, con il suo vice sindaco Giannantonio Mingozzi che già ha sottoscritto un ordine del giorno a tema promosso dallo stesso collega forlivese. Con Balzani si è schierato anche il parlamentare Pdl Gian Carlo Mazzuca, che in un’intervista al Corriere della Sera ha annunciato di voler vuole chiedere al Governo una terza eccezione tutta per la Romagna (dopo quelle per Venezia e Trieste) tramite emendamento o referendum.
Ma Forlì-Cesena deve anche fare i conti con il suo presidente, Massimo Bulbi, che la settimana scorsa ha annunciato in una riunione a porte chiuse con i sindaci del territorio di volersi dimettere in ottobre. Anche se il suo (secondo) mandato scade nel 2014. Ufficialmente, la causa sarebbe “la continua delegittimazione contro le Province di moda oggi in Italia”, ha detto Bulbi le cui dimissioni sarebbero comunque un caso unico nel Paese. Ma una spiegazione, forse, c’è. Dopo settimane in cui aveva accusato Balzani di “protagonismo”, il presidente di Forlì-Cesena ha fatto intendere di poter considerare sempre più da vicino una propria candidatura alla Camera in vista delle politiche 2013. Il suo sponsor è il big Democratico Enrico Letta, amico di vecchia data. Il presidente della Provincia sembra voler tirare dritto, nonostante bacchettate da sindaci e segretari locali del Pd. Che in coro sbottano: “Proprio ora che dovevamo costruire la Provincia unica di Romagna, il nostro presidente, colui che avrebbe dovuto traghettarci verso la meta, se ne va”.