“A seguito dell’emanazione del Decreto Legge n. 95/2012 e della conseguente soppressione della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, è indetta una riunione con i dipendenti, i docenti e gli allievi presso l’Aula magna della Fondazione, per fornire ogni opportuna informativa in proposito.
Cordiali saluti.
Il Direttore Generale”
Non posso non andare. Io quel posto lo frequento dal 1983. Lì dentro sono stato allievo, consigliere di amministrazione, produttore esecutivo. Dal 1991 al 1994 e dal 2000 a oggi sono stato e sono docente del corso di produzione. E’ un posto a cui devo un pezzo enorme della mia vita: senza, non sarei quello che sono oggi, non avrei fatto cinema. Ogni volta che guardo i miei allievi ripenso alla mia storia, a quella di un ragazzo che sognava di fare cinema e che non aveva, per provenienza carattere e mezzi, altro modo di farlo se non quello di andare lì. Ho chiamato per avere conferma dell’incontro e mi dicono che gli allievi sono già riuniti in assemblea in sala cinema. Anticipo quindi l’arrivo e mi fiondo a sentire cosa dicono. Prima di entrare incontro uno dei tanti dipendenti che conosco da più di vent’anni e che mi guarda con l’aria smarrita.
“Gianlu’, non ce se capisce niente…”
Mi avvilisco quando entro in assemblea. Perché le solite facce delle solite associazioni di categoria sono lì, a ripetere le solite formule verbali che applicano a qualsiasi circostanza? Perché non smettono di dire agli allievi cosa devono pensare, riconducendoli a strategie perdenti, che forse in parte ci hanno portato a questo? Perché non si arrendono all’evidenza dei fatti, che i nostri allievi ragionano meglio di noi, ormai vecchi? Ma come si permette quel regista con i capelli bianchi di suggerire agli allievi cosa chiedere a Nicola Borrelli, Direttore Generale per il cinema del Mibac, che è atteso tra poco in Aula magna? E soprattutto perché dopo aver suggerito se ne va? Se non se ne fosse andato, avrebbe ricevuto una lezione di stile dagli allievi, che si sono limitati a chiedere a Borrelli di poter ragionare ancora tra di loro per poterlo incontrare nei prossimi giorni.
Borrelli è costretto dal suo ruolo a metterci la faccia all’incontro con dipendenti, docenti e allievi. Cerca di spiegare che il decreto che trasforma la Fondazione in “Centro Sperimentale di Cinematografia” – Istituto centrale del Ministero dei Beni e delle attività culturali e trasferisce la gestione della Cineteca Nazionale all’Istituto Luce Cinecittà srl, con conseguenti tagli della dirigenza e modifica dei contratti del resto del personale, è in realtà un modo di garantire un futuro a questa scuola e alla Cineteca.
La sensazione è che non è detto che sia così. Non è detto che questo era l’unico modo di salvare il Centro Sperimentale di Cinematografia. Sicuramente questo non è il modo di salvare i nove dirigenti che si ritroveranno probabilmente senza lavoro e non è convincente né confortante per loro sentirsi dire che chi fa il dirigente si deve considerare un lavoratore precario e proprio per questo guadagna molto di più di un suo collega che dirigente non è. Sicuramente questo non è il modo di salvare una sia pur discutibile società di produzione, che era nata alcuni anni fa all’interno del CSC, e tutti i suoi dipendenti diretti. Sicuramente questo non è il modo di garantire la serenità necessaria a svolgere il proprio lavoro di docente e di dipendente, affinché questo posto funzioni veramente bene e offra un servizio efficace per le vite e per i sogni degli allievi.
Me ne vado a testa bassa, percorrendo saloni, corridoi, scale, suoni, odori che conosco a memoria. Ho una gran confusione dentro. E’ un altro duro colpo al nostro cinema, perché la formazione rimane il punto chiave del futuro, che conta sempre più del presente, che certo non è brillante? O forse ha ragione Borrelli, e questa potrà essere addirittura una ripartenza? E se così fosse, allora, se questa fosse una ripartenza, mi auguro che nei prossimi giorni gridi più forte quell’allievo che in sala cinema ha chiuso il suo intervento con una domanda: “Vogliamo salvare la didattica, e siamo d’accordo. Ma siamo sicuri che è proprio questa la didattica che vogliamo?”
Monto in vespa e mi avvio verso la città. Il sole è ancora forte e accecante. Riabbasso la testa.