"Senza di me non andate da nessuna parte", dice il Cavaliere ai suoi. In realtà, l'ex premier lavora a un accordo sulla legge elettorale che preveda una forte quota proporzionale, per impedire a chiunque di diventare il partito egemone di una nuova maggioranza. Ma ha bisogno di molti voti per essere l'ago della bilancia in una grande coalizione
Alla fine, il Cavaliere è sbottato: “E’ inutile, senza di me non andate da nessuna parte..mi toccherà rimettermi in gioco”. Era tardi, ieri notte, a palazzo Grazioli, quando Silvio Berlusconi ha gelato la platea dei suoi colonnelli, riuniti per parlare di legge elettorale e di Rai, rompendo gli indugi sul suo futuro politico. Si prenderà tutto agosto per riformulare la sua proposta politica, un partito nuovo (di che stupirsi), con un nuovo nome, e con un pool di quarantenni, capitanati da Alfano, dalla Santanchè e dalla Gelmini che possano far confluire i giovani verso un soggetto “snello, privo di bizantinismi d’apparato, che sia fortemente presente su internet e sui social network”. Insomma, il Cavaliere è di nuovo tra noi. Più battagliero di prima. E forte, soprattutto, di sondaggi firmati sempre Alessandra Ghisleri, che gli hanno dato la matematica certezza di quanto sia ancora fondamentale il suo ruolo di leader del centrodestra. Altro che primarie, altro che padre nobile, altro che fine del ventennio a colori; Berlusconi non molla. La decisione – è bene dirlo – non è stata accolta dai succedanei con applausi a scena aperta. In molti contavano su un ruolo più marginale di Berlusconi per tentare un rinnovamento del partito, ma quei sondaggi hanno ridato nuovo smalto all’uomo di Arcore. In ogni caso, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, gli uomini del partito salutano con favore la nuova discesa in campo. A partire dal segretario Angelino Alfano: “C’e’ un gran movimento di sostegno alla ricandidatura del presidente Berlusconi. credo che alla fine lui deciderà di scendere in campo”. Poi, su Twitter, va oltre: “Tanti chiedono al Presidente Berlusconi di candidarsi. Io sono in testa a questi. Se deciderà di farlo sarò e saremo al suo fianco”. Ancora più netta Daniela Santanchè: “Non abbiamo nessuno di meglio di Silvio Berlusconi, da mesi dico che è il nostro candidato premier”.
Il punto, però, è anche un altro. E’ noto che il Cavaliere stia lavorando per un accordo sulla legge elettorale che preveda una forte quota proporzionale, tale da impedire a chiunque di diventare il partito egemone di una nuova maggioranza e costringendo così la nuova legislatura a partire nel segno di una grande coalizione che continui il risanamento dei conti e quello di uscita dalla crisi economica. Ma, soprattutto, che consenta al Cavaliere di continuare, in qualche modo, ad essere fondamentale per le sorti del futuro governo: un modo per non uscire di scena ed essere un pesante, pesantissimo, ago della bilancia.
Ecco, ieri notte chi è davvero uscito sconfitto dal vertice di palazzo Grazioli è stato proprio Alfano. Berlusconi gli ha garantito, certo, un ruolo primario nel futuro ticket elettorale, come “catalizzatore” dei giovani quarantenni, ma è stato chiaro che, con la scelta di scendere in campo nuovamente, il Cavaliere ha messo definitivamente in soffitta quelle sofferte primarie che avrebbero aperto il partito a “personalismi” e “fughe in avanti” di cui, evidentemente, nessuno sente la necessità nel Pdl; se c’è ancora Berlusconi in campo, in fondo, di che preoccuparsi quando i sondaggi danno vincente al 30% la sua leadership? La partita, comunque, si annuncia particolarmente difficile, sia dentro che fuori dal partito. Nel Pdl, si diceva, non tutti digeriscono un ritorno all’antico. E all’esterno i movimenti (anche nel centrodestra) sono ben visibili. In alcuni casi, fin troppo chiari per non destare legittimi timori che il ritorno del Cavaliere non possa che costituire un boomerang nelle urne.
C’è chi teme, soprattutto, che Monti non sia affatto convinto di stare fuori dai giochi (come invece annunciato più volte), ma che sia addittura già pronto – con una propria lista – a dar battaglia nell’agone della prossima campagna elettorale. Una lettura che contrasta in modo netto con quelle che sono, invece, le vere aspirazioni del premier. Lungi da voler proseguire il suo pesante incarico tecnico a palazzo Chigi, trasformandolo in un ruolo politico con una legittimazione elettorale, è noto che Mario Monti punti a prendere il posto di Napolitano che concluderà il proprio settennato a luglio 2013. Ed è in questa chiave che vanno anche lette le smentite circa una sua possibile discesa in campo tutta politica. Che, in realtà, potrebbe esserci, ma solo per un’investitura per il Colle e sempre in chiave “tecnica”, ovvero di proseguimento di quell’operazione di stabilità e credibilità del Paese che sarebbe accolta con grande favore anche dall’Europa. Insomma, Monti chiuderà davvero il suo ruolo a palazzo Chigi per lasciarlo in mano ad un governo che, qualunque esso sia, dovrà fare asse con il Quirinale. Una poltrona a cui il Professore può legittimante aspirare, soprattutto se chiuderà senza troppi scossoni la legislatura, mentre a Berlusconi non resterà che rituffarsi di nuovo, come annunciato ieri a notte fonda, nella più bassa mischia politica nel tentativo, quasi disperato, di non scomparire totalmente dal quadro politico nazionale. E perdere così le sue aziende.