Lo sappiamo: la scuola non interessa tutti e non fa notizia. Ma oggi si tratta di conoscere e cercare di impedire uno dei peggiori scempi cui il sistema dell’istruzione abbia rischiato di essere sottoposto.  

Di cosa si tratta? Oggi è in discussione, in sede legislativa, nel chiuso della VII Commissione, la proposta di legge 953. Che gli attuali proponenti diffidano dal chiamare Aprea. Ma che, in realtà, è una versione solo poco più soft del dispositivo previsto dall’ex presidente della Commissione Cultura, oggi Assessore alla Regione di Formigoni.

Sappiamo anche che gli attuali proponenti (con il Pd in prima fila, in una maggioranza allargata alla Lega) amano etichettare il nostro no intransigente contro quella proposta come atteggiamento “vetero” e conservatore, di chi persegue acriticamente il mantenimento dello stato attuale della scuola, pur di non cambiare.

Non è così. Siamo contrari al Pdl 953 perché questo progetto prevede alcuni elementi che promettono di minare alle fondamenta l’unitarietà del sistema scolastico nazionale, la democrazia negli istituti scolastici, la libertà di insegnamento. Vediamo sinteticamente quali e perché, in modo che anche i non addetti ai lavori possano capire.

È prevista un’autonomia statutaria, e ogni singola scuola definirà un proprio statuto. Vale a dire, potenzialmente, tanti statuti quanti gli istituti scolastici. Cioè ogni scuola potrà regolarsi coerentemente con la norma che essa stessa si è data. L’istituzione dello Stato, garante, in ogni sua articolazione, degli stessi diritti per tutti e degli stessi principi per tutti, non poggerà più su cardini condivisi. I vecchi organi collegiali vengono sostituti da altri organismi, con limitate prerogative e partecipazione di studenti e genitori limitata o nulla (a seconda di come lo statuto avrà previsto). Il dirigente scolastico eserciterà tutte le sue prerogative senza dover tener conto, come oggi accade, dell’azione di controllo degli organi collegiali stessi e senza dover contemperare le prerogative ad essi attualmente assegnati: il preside-manager. Viene prevista la presenza di partner privati, anche finanziatori, nel ‘Consiglio dell’autonomia’ e nell’organo interno di autovalutazione.

Questi e molti altri i contenuti di una norma di riforma degli organi collegiali che viene discussa ed approvata in commissione e non in Aula, come tutte le leggi “prive di particolare rilevanza generale”. Senza parlare di aziendalizzazione (ma la tentazione è fortissima), questo tentativo di colpo di mano del Pd mina alle fondamenta alcuni principi cardine della scuola italiana, individuando la conclusione di un percorso iniziato 15 anni fa, con la legge sull’autonomia scolastica letta nel modo più retrivo e mercantilistico. Senza nessun esplicito consenso e ignorando semmai le innumerevoli critiche sollevate da più parti, il Partito Democratico sta attentando alla democrazia scolastica e al principio costituzionale dell’unitarietà del sistema scolastico nazionale: un’azione non solo non priva di rilevanza generale, ma, al contrario, rilevantissima nello specifico.

La scuola deve sapere, deve esigere di essere ascoltata. Il Pd deve essere consapevole del grande problema che questa sua scelta, che ha previsto un ascolto solo formale, ma ha sostanzialmente ignorato le numerose espressioni di dissenso, sta creando. Si tratta di una decisione grave, ultima articolazione di un percorso che, tappa dopo tappa, dalla legge 59/07 alla parità scolastica fino oggi, ha contribuito sensibilmente ad infrangere il progetto di scuola disegnato dalla nostra Costituzione. Al quale – “vetero” o no – noi vogliamo continuare a guardare.

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