Non è ancora finita per Banca Network Investimenti. I correntisti, precipitati a giugno nell’incubo di non poter più accedere ai propri risparmi, hanno dovuto incassare anche la sgradita notizia di una nuova proroga: i conti resteranno infatti chiusi e i bancomat bloccati per altri due mesi, fino a fine agosto. E mentre le proteste si intensificano, con toni anche drammatici, un’altra vicenda rischia di concludersi nel peggiore dei modi: i 69 dipendenti diretti della piccola banca potrebbero restare senza lavoro.
E dire che i problemi dell’istituto e dei suoi 28mila clienti sembravano a fine giugno avviarsi a una soluzione. Il 15 giugno la società di intermediazione mobiliare Consultinvest di Maurizio Vitolo ha annunciato di aver chiuso l’accordo per rilevare la rete dei 300 promotori finanziari che avevano fatto la fortuna di Bni. Per la cifra di 15 milioni di euro, Vitolo si è assicurato un vero “tesoro” di masse gestite, pari a 1,8 miliardi di euro, offrendo ai promotori la possibilità di ricollocarsi (sia pure attraverso un periodo di prova di 12 mesi).
Restava aperta la questione dei conti correnti bloccati: e anche qui, il 20 giugno, il cavaliere bianco si è materializzato sotto le insegne della Cassa di Risparmio di Ravenna, che si è detta disposta a rilevare i conti correnti della clientela. L’offerta dell’istituto romagnolo, però, come si è affrettato a precisare il presidente Antonio Patuelli, è a costo zero: CR Ravenna è disponibile a dare una nuova “casa” ai correntisti, in favore dei quali interverrà anche il Fondo interbancario di tutela dei depositi, ma senza oneri ulteriori. Nessuna garanzia, quindi, per gli sportelli e per gli impiegati di Banca Network. Sessantanove persone che rischiano concretamente il posto, come spiega Eros Lanzoni, segretario della Fiba Cisl di Milano, annunciando un presidio per venerdì 13 luglio davanti alla sede milanese di Aviva, il colosso delle assicurazioni secondo azionista di BNI. “In quindici hanno in mano una lettera che dà loro diritto a essere ricollocati all’interno di Banco Popolare (un altro dei soci, ndr) entro la fine di ottobre; gli altri 54 sono in pericolo”.
L’11 luglio, infatti, è scaduto il termine della procedura prevista dal contratto del credito per i casi di ristrutturazione aziendale, e “nessuno dei soci vuole prendere in carico i dipendenti. I soci stessi non si parlano tra loro, i commissari hanno bloccato ogni attività finanziaria della banca e adesso scatterà il licenziamento collettivo”, denuncia il sindacalista. Nel futuro di BNI, in amministrazione straordinaria dal novembre 2011, c’è infatti la prospettiva della liquidazione coatta amministrativa: in questo caso, la banca chiuderebbe e i dipendenti resterebbero a spasso. “I tentativi di stabilire un contatto con CR Ravenna si sono conclusi con un nulla di fatto, e noi non abbiamo la possibilità di contrattare con un’altra banca la ricollocazione dei dipendenti. Potrebbero farlo i commissari, anche perché la cassa, dopo aver rilevato i conti correnti dei clienti, potrebbe aver bisogno di aprire nuovi sportelli”, dichiara Lanzoni.
Allo stato, si tratta di ipotesi; la certezza è la rabbia dei lavoratori di Bni, che fa il paio con quella dei correntisti, da un mese e mezzo con i conti bloccati. Uno di loro, che preferisce restare anonimo, racconta: “Sono riuscito ad aprire un conto presso un’altra banca, ma nel frattempo ho dovuto pagare la rata del mutuo, che risultava insoluta, chiedendo un prestito per effettuare un bonifico: lo stesso per le bollette”. Sui forum i toni sono anche più cupi: dalla pensionata che rivendica il suo assegno “incamerato dalla banca degli onesti” al padre di famiglia che si dice “allo stremo delle forze e stanco di chiedere soldi per fare la spesa”. Tutti clienti che hanno dato fiducia all’ex BipielleNet di Giampiero Fiorani. “Io ho aperto il conto nel 2003, su consiglio di un promotore amico: era una banca interamente online, senza sportelli, che prometteva di abbattere i costi”, racconta il correntista, che poi lascia spazio all’amarezza: “Se Bni fosse stata una banca più grande, prima di arrivare a questo punto ci sarebbe stato un intervento pubblico”.
Ma la vicenda della piccola Banca Network deve diventare un campanello d’allarme anche per i colossi: “Può succedere assolutamente – avverte il segretario della Fiba Cisl – anche per istituti di dimensioni maggiori: dopo anni di gestione dissennata, come quella che ha portato il Monte dei Paschi di Siena a chiedere l’aiuto dello Stato, adesso il sistema trema”.