Un “sistema tributario altamente deficitario” sul piano delle informazioni disponibili che continua ad essere concepito “in chiave reattiva piuttosto che persuasiva”. A questo si aggiunge uno scenario che mostra “una situazione di forte squilibrio nel prelievo fiscale a ingiusto vantaggio di coloro che hanno concreta possibilità di autodeterminare la base imponibile dichiarata”. Il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, nel corso dell’audizione in commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria ha ampiamente criticato il sistema fiscale italiano e per quanto riguarda l’evasione, ha osservato che un suo ridimensionamento può “venire dal funzionamento degli strumenti informatici e telematici”. Per il calcolo della prima rata Imu, ad esempio, che doveva essere pagata entro il 18 giugno, “i contribuenti non hanno potuto fruire di alcuna applicazione informatica approntata dall’amministrazione finanziaria ed hanno solo potuto fare ricorso a procedure su siti web e organi di informazioni specializzati in materia fiscale”.
In primo luogo, osserva Giampaolino, “va segnalata l’opportunità di una più ampia utilizzazione dei pagamenti tracciati, degli incroci tra i dati contabili registrati da clienti e fornitori e dei movimenti risultanti dai rapporti finanziari comunicati all’anagrafe tributaria”. Si tratta di scelte “sostanzialmente già adottate dal legislatore nell’ultimo anno, con l’abbassamento a mille euro del limite di effettuazione dei pagamenti in contante, con la reintroduzione dell’obbligo di trasmettere i dati relativi ai rapporti tra clienti e fornitori abrogato nel 2008, questa volta esteso alle singole operazioni tra soggetti Iva, nonchè ai rapporti con i consumatori finali di importo superiore a 3.600 euro e con la previsione dell’obbligo di comunicazione annuale ad apposita sezione dell’anagrafe tributaria delle movimentazioni risultanti dai rapporti finanziari”. Tali misure, che “andrebbero comunque rafforzate, almeno nella parte delle limitazioni all’uso del denaro contante, implicano la necessità di una tempestiva utilizzabilità delle informazioni da parte dell’amministrazione, già nella fase in cui il contribuente è chiamato ad adempiere, allo scopo di favorirne comportamenti corretti”.
Per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto, l’Italia “presenta una delle peggiori performance (dietro Turchia e Messico) nell’analisi effettuata dall’Ocse tra i paesi che adottano la Vat (Iva)”. Giampaolino ha ricordato che, sulla base di approfondimenti dell’Agenzia delle Entrate nei settori dell’Iva e dell’Irap, la quota di evasione “dopo aver raggiunto punte prossime al 40% fino alla metà degli anni novanta, dieci anni dopo si attesterebbe al di sotto del 30%”.
“Un sintomo di tale inadeguatezza – ha spiegato – sembra doversi individuare nel crescente fenomeno degli omessi versamenti delle imposte dichiarate, che soltanto in parte limitata, si riesce poi a recuperare attraverso le procedure di liquidazione automatizzata delle imposte sui redditi e dell’Iva dichiarate (solo il 43% del totale delle entrate da accertamento e controllo)”. Secondo il presidente della Corte dei Conti, “i limiti principali della situazione attuale sono riconducibili alla parcellizzazione nella gestione delle informazioni di provenienza esterna al contribuente e alle difficoltà di integrarle con quelle che lo stesso è chiamato a fornire direttamente; al ritardo nell’acquisizione dei dati e conseguente impossibilità di utilizzarli nella fase dell’adempimento per facilitare i contribuenti e favorirne comportamenti corretti; all’insufficiente qualità degli archivi e delle procedure, ancora oggi affetti da notevoli errori e disallineamenti, in parte originati dalla stessa complessità del sistema fiscale”.