La posta in gioco, nella morsa della questione della legge elettorale, non è tanto se il prossimo Parlamento sarà pieno di personaggi “ nominati” dai segretari – come nelle liste bloccate dell’odiato Porcellum – o di rappresentanti “scelti dai cittadini” – come nel caso delle preferenze o dei collegi uninominali.
So di dire una cosa che può suonare strana o antipatica a chi si è mobilitato contro il Porcellum e lo ha identificato come fonte dei mali della politica. Ma a mio parere il punto chiave, il punto delicato non è quello, non è decidere se è meglio rischiare che 12 mila bresciani diano la preferenza a Renzo Bossi o rischiare che ci sia di nuovo una Nicole Minetti in un listino bloccato ( e ho fatto due esempi legati alla legge elettorale regionale, dove convivono i due criteri). Non è su questo che si stanno principalmente interrogando e accapigliando i leaders politici.
Il punto è un altro, è se tenere in vita il sistema italiano della Seconda Repubblica del premio di coalizione, o comunque di un meccanismo maggioritario, con conseguente obbligo di coalizzarsi e indicazione preventiva del Presidente del Consiglio, con conseguente probabilità che vinca l’anno prossimo il centro sinistra – ma anche no – o se buttarlo a mare con la scusa che bisogna superare il Porcellum, e tornare in qualche modo al proporzionale della Prima Repubblica. Sarebbe un vero paradosso della storia. Con il maggioritario all’italiana – che fosse Mattarellum o Porcellum – Berlusconi ha preso la maggioranza assoluta in Parlamento per tre volte, anche se non ce l’aveva nel paese. Adesso che il meccanismo funzionerebbe a favore del centro sinistra lo si butterebbe a mare.
Qualunque cosa si pensi in astratto, in termini di principio, del sistema proporzionale, non c’è dubbio che oggi un ritorno a questo sistema favorirebbe lo status quo, cioè la riproposizione della “ammucchiata di salvezza” tra Pd, centristi e Pdl e andrebbe anche a destabilizzare il sistema politico, cozzando contro le realtà consolidate delle coalizioni nelle Regioni e negli altri Enti Locali, ondate sul premio di coalizione. Ancora una volta, inoltre, ci troviamo a poca distanza dal voto con i partiti in Parlamento – che oltretutto non rappresentano più i rapporti di forza nel paese – che pensano in termini di cortissimo periodo a come cambiare la legge elettorale. Non per fare una legge saggia, ma per cercare di indovinare il vantaggio del momento.
E sembra che non si parli nemmeno dell’unica cosa che andrebbe fatta di sicuro cioè eliminare se non il bicameralismo perlomeno la incongruenza di sistemi elettorali tra Camera e Senato.