Alle volte, a sentire molti dei nostri commentatori politici (ed economici), vien da domandarsi se viviamo sulla Terra (o su Marte). Tema ricorrente: “il governo Monti non ha fatto alcuna differenza, lo spread rimane alto a valori ben superiori ai 400 punti”. Vero! “Le manovre lacrime e sangue, dalla Salva Italia alla Spending Review, passando per la Riforma del lavoro, non sono servite a nulla, anzi hanno avuto effetti recessivi sull’economia” Ok, parliamone! Prima, tuttavia, vale la pena ricordarsi dove eravamo appena otto mesi fa quando Berlusconi decise di gettare la spugna. E vale la pena ridare un’occhiata agli unici dati certi: i soldi.

Nel novembre dello scorso anno, lo stato italiano aveva una liquidità più che ragionevole per gestire le varie attività economiche, a cui un Paese come l’Italia deve fare fronte, se il medesimo Paese avesse i conti apposto e nessuna difficoltà ad andare sui mercati a rinnovare il proprio debito. Una cifra che, a seconda di cosa un osservatore ottimisticamente vorrebbe indicare come liquidabile, ammontava tra i 50 e 100 miliardi di euro. Ma, appunto, in quel preciso momento storico, il nostro Paese non solo aveva completamente perso la fiducia dei mercati, ma anche quella dei propri partner europei, e si trovava con una montagna di scadenze di debito che cominciavano ad accatastarsi. Chi dunque avrebbe rifinanziato il nostro debito? I marziani? Da quando esiste il governo Monti, il nostro Paese ha dovuto rinnovare più di 200 miliardi di euro di debito. Una cifra mostruosa, pari a circa il 10% dell’intero debito nazionale. Avete idea di quanto rapidamente si sarebbe bruciata la cassa dello stato italiano se l’Italia non fosse stata in grado di accedere ai mercati per rifinanziare il proprio debito? E perché pensate che Berlusconi si sia dimesso? Perché era stufo? Perché era stanco? Perché si annoiava? Perché voleva dedicare più tempo alle proprie nipotine?

Berlusconi si è dimesso perché il Paese era ormai sull’orlo del baratro (Aiuto! Lo stiamo perdendo! Defibrillatori!!!). Monti ha letteralmente riacciuffato per i capelli un Paese che stava ormai cadendo nel vuoto, con lo spread sul punto di scollinare oltre i 600 punti, livelli da cui neppure Iddio sarebbe stato in grado di riprenderlo. E non perché Monti sia l’unto del Signore, ma semplicemente perché è l’unica figura politica – sì ho detto proprio “figura politica” perché, troppo spesso, ci si dimentica che l’attuale Presidente del Consiglio ha svolto due mandati politici all’interno della Commissione Europea – di cui gli investitori, ma soprattutto i nostri partner europei, si fidassero (e di cui continuano fidarsi).

Se avete ancora qualche dubbio su quanto il Paese sia andato vicino all’abisso, vale la pena di riandare a vedersi gli andamenti dei famigerati CDS, i contratti che proteggono gli investitori dal default di un Paese, quando Berlusconi diede le dimissioni.

Detto brutalmente: Mario Monti ha ridato quella credibilità al Paese nei confronti dei propri creditori (investitori e partner europei, a partire dai tedeschi) che è stata necessaria all’altro Mario (Draghi) per iniziare a stampare moneta per finanziare l’acquisto a breve dei nostri titoli di stato da parte delle banche. Moneta, senza la quale, il nostro Paese non sarebbe mai stato in grado di far fronte alle micidiali scadenze di debito che incombevano. Ricordiamolo: solo 200 miliardi per i mesi trascorsi, con un’altra montagna per i mesi che verranno (montagna che cresce proprio per il ricorso del debito a breve scadenza – questa storia infatti non finisce certo qui). Questo è stato l’effetto Monti. E questa è la ragione per cui il Paese dovrà essere eternamente grato a questo salvatore della patria.

Detto con altre cifre. Coloro che additano gli attuali valori dello spread come dimostrazione del fatto che il governo Monti ha fallito, farebbero bene a riguardarsi i numeri. Intanto, piuttosto che concentrarsi sullo spread dei nostri Btp rispetto al Bund tedesco, farebbero meglio a studiarsi lo spread rispetto ai Bonos spagnoli. Quando Berlusconi cadde, il nostro differenziale rispetto ai Bonos era sopra di oltre 50 punti. Oggi il rendimento dei titoli italiani è stabilmente inferiore a quello degli equivalenti spagnoli da almeno un paio di mesi. Ancora una volta: questo è stato l’effetto Monti. E tutto ciò in barba a chi ancora continua a ripetere la panzana per cui sarebbe stato meglio andare ad elezioni anticipate come si è fatto in Spagna.

Poi si potrà ragionare quanto si vuole sui benefici strutturali di lungo termine delle misure approvate dal governo, o sui loro effetti recessivi, piuttosto che sulla macelleria sociale invocata da sindacati e confindustria. La verità è che, per un Paese sull’orlo del default, scannarsi su queste questioni è un po’ come dibattere sul sesso degli angeli mentre i turchi prendono a cannonate le mura da fuori Costantinopoli. La verità, triste e dura al tempo stesso, è che quelle manovre sono state, innanzitutto, la cosmesi politica necessaria per giustificare agli occhi dei nostri partner l’intervento della Bce. Sacrifici durissimi, ma il massimo d’intelligenza che le attuali misere compagini politiche che siedono in parlamento sarebbero state in grado di approvare. Sacrifici che, ad ogni modo, sono valsi la pena. L’alternativa sarebbe stata indicibile.

E la storia non finisce qui. Non siamo neppure a metà del guado. “L’Italia è in guerra” ha detto ieri Monti. Vero. Vero come il fatto che, sebbene l’Italia abbia vinto una battaglia (per il rotto della cuffia), la guerra non è ancora finita. Una riflessione che tutti quei politici in vena di elezioni anticipate o di pseudo-scenari de noantri, farebbero meglio a ricordarsi.

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