Al termine della sei giorni che ha visto riunite nel capoluogo piemontese 2.400 delegate provenienti da 63 paesi, parla Dianne Curtis che ha appena ceduto la presidenza di Zonta, un’organizzazione che si propone di migliorare lo status del genere femminile dal punto di vista politico, economico, educativo e professionale
Quasi 2.400 delegate provenienti da 63 paesi del mondo. Sono questi i numeri della convention mondiale di Zonta, il primo “club di servizio” per il miglioramento della condizione della donna, che si chiude oggi a Torino alla presenza della ex presidente cilena e vice segretario generale dell’Onu, Michelle Bachelet. Fondata a Buffalo, negli Stati Uniti, nel 1919, Zonta è un’organizzazione che si propone di migliorare lo status delle donne dal punto di vista politico, economico, educativo e professionale. Al momento sono oltre 30 mila i soci iscritti ai 1200 Zonta club disseminati in tutto il mondo. In Italia il primo nacque nel 1964 e questa è la prima convention che si tiene nel nostro Paese. Al termine della sei giorni torinese, la californiana Dianne Curtis cederà la carica di presidente internazionale di Zonta a Lynn Mckenzie. “Ma non smetterò mai di occuparmi delle donne e delle loro necessità”, afferma.
Signora Curtis, come descriverebbe la situazione femminile oggi nel mondo?
I problemi delle donne sono ancora tanti. Certo, abbiamo lottato per vedere i nostri diritti riconosciuti dalla società, combattuto per avere le stesse opportunità degli uomini e non si può negare che la nostra condizione sia migliorata. Ma a volte l’apparenza supera la realtà dei fatti.
Che cosa manca ancora alle donne?
L’equità rispetto agli uomini. E la strada per conquistarla è lunga. Per esempio, sono ancora tanti gli ambiti in cui la rappresentanza femminile è inadeguata.
Può citarne alcuni?
Dalla politica, all’economia fino all’educazione. Ma le donne hanno un grandissimo bisogno di essere educate perché così facendo si educano anche i loro figli e la famiglia nel suo complesso”.
Crede che la disuguaglianza tra sessi sul posto di lavoro sia ancora realtà?
Sì e in tutto il mondo. Io stessa, che sono titolare di un’azienda di autotrasporti, abituata ad avere a che fare ogni giorno con colleghi maschi, sono stata vittima di pregiudizi. Certo, durante la mia vita ho visto le donne fare grandissimi passi avanti, raggiungere obiettivi impensabili, ma c’è ancora molto da lavorare. E l’impegno deve partire proprio da noi”.
In che senso?
Le donne mature dovrebbero “guidare” le più giovani. Fare loro da “mentore” sul lavoro e nella vita per aiutarle a migliorare il loro status. Zonta prova a farlo attraverso progetti formativi “ad hoc” e mettendo a disposizione delle borse di studio destinate appositamente alle donne. Un esempio è il premio Amelia Earhart, assegnato ogni anno a coloro che si sono distinte nell’ambito dell’ingegneria”.
Come si può fare capire alla società che le donne hanno ancora bisogno di far valere i loro diritti?
Attraverso l’impegno politico. Per prima cosa cambiando le leggi. In alcuni paesi i codici proibiscono alle donne di spostarsi, di andare all’estero. In poche parole di essere davvero libere. Ma tutto ciò non può esistere. E’ necessario che le leggi siano davvero uguali per tutti.
Solo in Italia oltre settanta donne sono state uccise dall’inizio di quest’anno. Si parla orma di “femminicidio”. Che cosa bisogna per contrastare questa violenza?
Smettere di nascondere il problema. Parlarne, prenderne coscienza. E attuare a livello nazionale delle misure serie perché certe situazioni non si verifichino più. Le donne vanno protette.
Da dove deve iniziare la battaglia delle donne perché la situazione possa cambiare?
Dal basso, dalle comunità locali, dai club Zonta che si trovano sul territorio. E poi è importante fare rete, cercando di stabilire un rapporto con le altre associazioni femminili e non solo. Solo restando uniti la condizione della donna può migliorare.