La condanna della Corte d'Appello relativa al caso di una bambina che nel 1988 era stata vaccinata. Da allora è in stato vegetativo. Si tratta della somma "più alta accordata finora in Italia" per un episodio simile. Gli avvocati: "Si sarebbe potuta salvare"
“Una serie di comportamenti negligenti e omissivi posti in essere dai sanitari”, responsabili dello stato vegetativo di una bambina che nel 1988, quando aveva 5 anni, a causa di complicazioni sopravvenute dopo essere stata sottoposta a una vaccinazione obbligatoria, era entrata in coma. La Corte d’Appello di Torino ha condannato l’Asl, e di conseguenza la Regione Piemonte, al risarcimento di 1,8 milioni di euro alla madre della ragazza. Secondo i suoi avvocati, Ambrosio e Commodo, si tratta in assoluto del risarcimento “più alto accordato finora in Italia per danni derivanti da un vaccino” e “stabilisce un principio importante: che l’allora Usl, oggi Asl, e di conseguenza la Regione, sono responsabili civilmente dell’operato del medico di base. E’ la seconda sentenza di questo tipo in Italia”.
Quella bambina oggi ha 29 anni e da 24 è in stato vegetativo. La vicenda inizia il 20 maggio del 1988: alla piccola, che non più di tre settimane prima era stata operata alle tonsille, viene fatta una vaccinazione antidifterica/antitetanica. La sera stessa, nella sua casa a Bussoleno (Torino), accusa mal di testa e dolori alle gambe e le sale la febbre. Il pediatra, avvertito al mattino, dice di non preoccuparsi. Anche la guardia medica tranquillizza la famiglia attribuendo le condizioni della piccola al morbillo, che in quei giorni circolava negli asili. Secondo gli atti per quasi un mese il pediatra e i dottori della guardia medica che hanno visitato la bambina avrebbero continuato a minimizzare le condizioni della piccola fino al 17 giugno quando i genitori la portano in ospedale con la febbre a 40 e le convulsioni e la situazione precipita.
Secondo la Corte è stata accertata “la sussistenza di un nesso causale tra la vaccinazione, eseguita senza previa valutazione delle possibili conseguenze dell’intervento di tonsillectomia, e il manifestarsi della patologia”. “Oltretutto – spiegano gli avvocati – secondo una consulenza tecnica d’ufficio la bambina si sarebbe potuta salvare se, nei primi giorni dalle complicazioni della vaccinazione, le fosse stato somministrato del cortisone” evitando così i danni cerebrali permanenti che l’hanno fatta precipitare in uno stato vegetativo che persiste ancora oggi, a 29 anni.