La giornalista è in onda al sabato su Raitre alle 23.30 con il programma che conduce dal 1994. Al centro casi di cronaca nera in cui spesso la donna è protagonista del delitto come mandante "perché quando siamo noi a uccidere lo facciamo per motivi passionali"
“Quando la donna è coinvolta in un omicidio, spesso è la mandante e quando uccide lei stessa, è mossa da un movente passionale”. Franca Leosini lo dice così, con la naturalezza di chi ha passato anni a spulciare le carte dei processi più controversi della storia giudiziaria d’Italia, dall’omicidio di Pier Paolo Pasolini al delitto dell’Olgiata passando per una miriade di casi meno eclatanti, ma non meno feroci. Giornalista napoletana, comincia con la carta stampata, ma dal 1988 è in Rai prima con “Telefono giallo”, poi con “Parte civile” e “I grandi processi” (con Sandro Curzi) fino a “Storie maledette” (dal 1994) e “Ombre sul giallo” (dal 2004). Ed è proprio con “Storie maledette” che Franca torna in tv, ogni sabato su Raitre alle 23.30 per tutto il mese di luglio.
“La storia che avete visto nella prima puntata, è quella di Francesca Brandoli – spiega la cronista dalla sua scrivania romana dietro la quale campeggiano una serie di post it gialli (“le frasi da ricordare”) – Una grande ammaliatrice, tant’è che dopo una storia incredibile (viene condannata all’ergastolo per aver ucciso il marito nel 2006 con la complicità dell’amante, ndr), si sposa in carcere con un terzo uomo, anche lui accusato di aver ucciso la moglie”. Una donna a suo modo “seduttiva”, capace di esercitare un fascino potente e distruttivo nei confronti degli uomini che incontra. Franca la ascolta, le chiede come ha ucciso il marito, se quel martello e quel coltello lo ha impugnato lei o il suo amante/complice Davide Ravarelli, ma nello stesso tempo la vezzeggia, solletica la sua parte civettuola tanto da cominciare l’intervista con questa affermazione: “Sono venuta qui da lei anche per prendere lezioni di seduzione”.
Perché le donne, spesso protagoniste delle storie criminali di cui la giornalista conosce ogni risvolto, sono prima di tutto esseri umani con i quali la Leosini intrattiene lunghissime corrispondenze epistolari: “Vedi queste scatole? Sono piene di lettere – dice mostrando voluminosi cartoni che insieme alle cartelle giudiziarie, appilate ordinatamente una sull’altra, riempono la stanza – I detenuti hanno bisogno che io scriva loro a mano, per sentire nel vero senso della parola, un legame con me”.
Contraria alle quote rosa (“un ghetto), Franca conosce bene le donne e le loro paure, ma non difende “la donna in quanto donna”: “C’è un’escalation di violenza legata a una serie di fattori – spiega – Di base c’è il fatto che l’uomo non accetta che la donna scelga per il destino della coppia. Storicamente l’uomo è abituato a essere dominante nel rapporto anche perché c’è stato un ricatto economico terminato nel momento in cui la donne si mette a lavorare”. E’ questa libertà che il partner non sopporta, ma “al di là dell’uomo che non accetta l’abbandono e poi commette un crimine, c’è tutto un percorso all’interno della coppia: esiste un groviglio esistenziale nel quale questo uomo e questa donna vivono un rapporto malato. Di fatto è come se ognuno avesse bisogno del male che l’altro fa. Perché in fondo queste persone finiscono per stare insieme e continuare a essere legati molto tempo prima che si verifichi l’episodio finale estremo”.