I fuori corso? Per il ministro dell’istruzione Francesco Profumo, sono “un problema culturale”, frutto di un Paese in cui “manca il rispetto dei tempi e delle regole”, su cui “la scuola deve dare un segnale forte”. La soluzione quindi, non può venire da nuove leggi, spiega il ministro, ma deve scaturire dal sistema scolastico. Senza dimenticare che i “ritardatari” dell’università per Profumo sono “un costo anche in termini sociali”.
Per gli studenti lavoratori, il ministro ha un solo consiglio: “Facciano una scelta, quella del part-time”. Così facendo continua Profumo si creerebbero “cittadini migliori in grado di gestire il proprio tempo al meglio”. In conclusione poi il ministro esprime un “forte invito” alla scuola e all’università perché creino le condizioni necessarie affinché gli studenti possano seguire con regolarità i corsi. “I costi del non fare sono costi che il Paese non può più sostenere”, aggiunge.
Dall’ex direttore del Cnr “prestato” alla politica però, non sono ancora arrivati richiami al corpo docente o agli atenei per risolvere il problema dei “baroni”, ordinari che da decenni occupano ruoli di primo piano nelle università italiane e impediscono il ricambio generazionale. Data la situazione, e vista la scarsa trasparenza dei concorsi pubblici, spesso i ricercatori che aspirano alla cattedra sono costretti al precariato con la speranza di ottenere assegni di ricerca oppure a emigrare in altri paesi che sostengono economicamente il loro lavoro. Tra gli ultimi concorsi contestati, quello dell’Università di Catania dove un laureato in Architettura ha vinto il bando per una cattedra in Storia contemporanea, di cui si è addirittura parlato in Parlamento.