Comincerà il 21 novembre il processo a Piercarlo Fabbio, al suo assessore Luciano Vandone e all'ex ragioniere capo Carlo Alberto Ravazzano. Sono accusati di falso nel rendiconto finanziario, abuso d’ufficio e truffa ai danni dello Stato. Il Comune ha dichiarato dissesto il 12 giugno
Piercarlo Fabbio (Pdl), ex sindaco di Alessandria , è stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver “truccato” il bilancio consuntivo 2010 del Comune, per rispettare il patto di stabilità. Fabbio sarà processato il 21 novembre insieme all’ex assessore Luciano Vandone e l’ex ragioniere capo, Carlo Alberto Ravazzano, accusati di falso in bilancio, abuso d’ufficio e truffa ai danni dello Stato. Il comune, che ha dichiarato il dissesto finanziario il 12 giugno scorso, si è costituito parte civile.
Il “buco” ammonta a circa 200 milioni di euro. I primi dubbi sul comune di Alessandria emersero dagli accertamenti sul bilancio preventivo del 2011 e sul rendiconto del 2010. Il 29 novembre 2011 la Corte rilevò l’esistenza di molte irregolarità finanziarie da correggere entro la fine dell’anno. Il consiglio comunale cercò di adeguarsi, ma in modo insufficiente: il 17 febbraio 2012 la sezione di controllo ha certificato l’inadempimento del Comune per dichiararne il fallimento dopo molti incontri con gli ex e i nuovi amministratori.
Le anomalie contabili sono molteplici: in primis, tra il 2010 e l’anno successivo le spese sono aumentate del 40 per cento. I giudici si sono accorti che nel 2008, 2009 e 2010 erano più basse semplicemente perché i costi dei servizi erano stati messi fuori bilancio, in sostanza nuovi debiti nascosti. Poi ci sono le “stranezze” sulle entrate come quelle sulle cartolarizzazioni (vendite di immobili del patrimonio comunale) gestite da due società partecipate, la Svial srl e la Valorial srl, dove i magistrati hanno indagato su una cessione con edifici venduti a prezzi inferiori. C’è poi lo scarso impegno nel recuperare l’evasione dei tributi, il “costante regime di anticipazione alla tesoreria” (prestiti dalla Banca d’Italia) e l’eccessivo ricorso ai proventi derivati dai permessi di costruire per fare cassa.
Al disavanzo di circa 80 milioni di euro vanno aggiunti il debito fuori bilancio di quasi 27 milioni di euro, i prestiti avuti dalla tesoreria per 20 milioni e i debiti verso le partecipate per più di 52 milioni di euro, a cui si sommano “briciole” di qualche milione. In totale un buco di quasi duecento milioni di euro, avvenuto sforando per due anni il patto di stabilità.