Il congelamento dei 600 milioni deciso da Bruxelles è solo l'ultima conseguenza delle inadempienze di molte amministrazioni, in particolare Calabria e Campania. Che, nonostante la crisi, rischiano di non vedersi rimborsati soldi già spesi
“Mezzogiorno abbiamo un problema”. La gestione dei fondi europei nel Sud Italia resta un tasto dolente. La sospensione dei 600 milioni di euro di fondi per lo sviluppo regionale rappresenta solo l’ultimo capitolo della mala gestione di enormi finanziamenti piovuti da Bruxelles nelle regioni meridionali da anni a questa parte. Oggi Sicilia, ieri Calabria, l’altro ieri ancora Campania. A rimetterci, come sempre, i cittadini meridionali che pagano in termini di mancato sviluppo l’inefficienza e le irregolarità di una classe politica davvero poco trasparente.
Con una lettera inviata alla Regione Sicilia, il commissario Ue per gli affari regionali, l’austriaco Johannes Hahn, ha bloccato 600 milioni per le “gravi carenze” nei sistemi di controllo riscontrate dalle missioni della Commissione in Sicilia a fine 2011. “Una situazione, che colpisce l’affidabilità delle procedure di certificazione dei pagamenti” e rispetto alla quale “non sono state prese misure correttive. Fino a quando queste gravi carenze non saranno state risolte, i pagamenti non riprenderanno”, ha dichiarato un portavoce della Commissione. Nello specifico si tratta del rimborso europeo di spese già effettuate tra la fine del 2011 e il giugno 2012. Già lo scorso 6 gennaio una lettera di avvertimento era stata inviata da Bruxelles all’Italia per chiedere lumi sulla situazione dei 198 milioni di euro entro sei mesi (quindi lo scorso 6 luglio).
La Sicilia entra in questo modo a pieno titolo nella lista delle regioni “poco virtuose”, come direbbero a Berlino, nella spesa di fondi europei. Si tratta della prima volta che l’isola si fa infatti beccare in fragrante per quanto riguarda il programma di aiuti pluriennale 2007-2013. L’ultima volta era capitato alla Calabria, che nel settembre scorso si era vista congelare 36 milioni di euro sempre perché il sistema di gestione e di controllo regionale non era ancora ritenuto “completamente affidabile” dai servizi di audit della Commissione. Anche in quel caso si trattava del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e del Fondo sociale europeo (Fse).
Prima ancora era toccato alla Campania, con l’eterna tarantella dell’emergenza rifiuti. A fine Giugno il Governatore Stefano Caldoro aveva preso l’aereo Napoli-Bruxelles per incontrare il commissario all’Industria Antonio Tajani e appunto quello per la Politica regionale Johannes Hahn. Scopo della trasferta cercare di ottenere lo sblocco dei 200 milioni di euro per progetti ambientali e per la crescita del Sud Italia, bloccati dal 2008 e già spesi dalla regione. Ma la lista continua. Nel settembre 2011 Campania e Calabria, questa volta in compagnia della Sardegna, si sono visti bloccare rispettivamente 72 milioni, 36 milioni e 12 milioni di euro sempre in merito al sistema di gestione e audit riguarda il periodo di programmazione 2007-2013.
E per quanto riguarda la Sicilia adesso cosa succede? Come le altre volte, le autorità italiane interessate hanno tempo due mesi per rispondere alle domandine di Bruxelles su dove e come sono stati spesi questi soldi, altrimenti bye bye rimborsi. I 600 milioni bloccati (su un totale di quasi 3.270 milioni per lo sviluppo regionale concessi alla Sicilia per il periodo 2007-2013) sono stati infatti al momento soltanto congelati, nel caso le autorità italiane non daranno risposte convincenti verranno invece revocati definitivamente (articolo 91 e 92 del regolamento Erdf 1083/2006).
Il paradosso è che proprio ieri la commissione per lo sviluppo regionale dell’Europarlamento ha chiesto che per il nuovo periodo di programmazione 2014-2020 le regioni dell’Italia centro-meridionale godano di un tasso di cofinanziamento Ue maggiore rispetto all’attuale, ovvero compreso tra il 75% e l’85% per i progetti di sviluppo e ripresa economica. Un trattamento speciale per le cosiddette “regioni in via di transizione” ovvero con un prodotto interno lordo compreso tra il 75% e il 90% della media comunitaria: nel caso dell’Italia, parliamo di Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna. Per le regioni meno sviluppate il contributo dovrebbe essere invece unificato all’85% (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Inutile dire che visti gli sprechi, le corruzioni e il vento di crisi che lambisce l’Europa, le trattative con i Paesi del Nord Europa (in sede di Consiglio europeo) sulla politica di coesione per il periodo 2014-2020 saranno a dir poco infuocate.