“Nel 2012 il Pil italiano scenderà del 2 per cento e dello 0,2 il prossimo anno”. Inizia così il bollettino economico di Bankitalia, la previsione – è specificato – si basa sull’ipotesi che lo spread tra Btp e Bund si mantenga intorno ai 450 punti base. Quindi “la fase recessiva si estenderebbe alla seconda parte di quest’anno”, e dovrebbe terminare con il prossimo, dove, “la dinamica del prodotto resterebbe appena positiva, per poi riprendere vigore successivamente”. La diminuzione, spiega l’istituto, ha riflesso il calo della domanda interna per consumi e investimenti, la debolezza dell’occupazione e dei redditi reali, la caduta della fiducia delle famiglie. Mentre le condizioni di accesso al credito sono “solo in parte migliorate”. Gli scambi con l’estero hanno “continuato a sostenere l’attività economica”.
Nel secondo trimestre dell’anno, stima via Nazionale, la produzione industriale si è contratta di un punto percentuale e mezzo, provocando una diminuzione del Pil dello 0,5 per cento. Il mese peggiore è stato aprile (-2%), seguito da un maggio nel segno del recupero (+0,8%). Il sisma in Emilia invece avrebbe provocato una diminuzione di un decimo di punto percentuale del Pil. Il terremoto ha interessato 37 comuni compresi nelle province di Bologna, Modena, Ferrara e Reggio Emilia, aree caratterizzate da un forte orientamento industriale, spiega Bankitalia. Lì si produce circa l’1 per cento del fatturato nazionale.
Il tasso di disoccupazione salirà, secondo la banca centrale, oltre l’11 per cento nel 2013 e i più colpiti continueranno a essere giovani e donne. “L’occupazione scenderebbe di poco più dell’1% quest’anno”, mentre “resterebbe stazionaria il prossimo”. L’occupazione, ricorda l’istituto, “è diminuita dello 0,4% rispetto a un anno prima (81mila persone); il tasso di disoccupazione è salito dall’8,6 al 10,9 per cento, cui ha contribuito un aumento della partecipazione tra i soggetti in precedenza più distanti dal mercato del lavoro”.
I consumi, quest’anno, si dovrebbero contrarre significativamente, del 2,5 per cento, per poi calare dello 0,9 per cento nel 2013. I motivi possono essere ricercati nella diminuzione delle retribuzioni, che in termini reali “continueranno a scendere nel biennio 2012-2013 nel settore privato e soprattutto in quello pubblico”. “L’aumento dei prezzi al consumo (2,9%) – spiega Bankitalia – ha comportato una diminuzione delle retribuzioni in termini reali”. Nel primo trimestre, ricorda l’istituto di via Nazionale, “le retribuzioni contrattuali hanno registrato una crescita tendenziale dell’1,3 per cento nel totale dell’economia e dell’1,9 nel solo settore privato non agricolo”.
L’inflazione dovrebbe salire al 3 per cento nella media di quest’anno (dal 2,9% nel 2011), per poi scendere sotto il 2 nel 2013. La dinamica dei prezzi, spiega Bankitalia, nell’anno in corso risente in larga parte degli aumenti delle imposte indirette (per quasi un punto percentuale) e del rincaro di inizio anno del greggio. Alla discesa dell’inflazione nel 2013 contribuirà il rinvio, disposto nel decreto sulla spending review, dell’aumento delle aliquote iva originariamente previsto per il prossimo ottobre. La stessa spending review e la lotta all’evasione consentiranno “in prospettiva” di ridurre le aliquote fiscali, soprattutto sul lavoro e “favorire la ripresa”. Secondo via Nazionale, “le misure di revisione e contenimento della spesa recentemente approvate dal governo mirano a evitare gli effetti depressivi sui consumi derivanti dall’aumento delle aliquote dell’Iva già previsto per settembre, mantenendo invariati i livelli dei servizi grazie a recuperi di efficienza”.
”La rapidità della ripresa” dipenderà poi “dalla coesione dimostrata dalla UE e dalla normalizzazione dei mercati finanziari”, spiega la Banca d’Italia. L’istituto aggiunge che l’incertezza su questo quadro è elevata, e saranno “cruciali le modalità” dell’attuazione del vertice europeo di fine giugno. La decisione di Moody’s di ribassare il rating dell’Italia, “resa nota subito prima di un’asta di titoli dello Stato, non ha avuto effetti sostanziali sulla domanda o sui rendimenti, né sul mercato secondario né all’asta”.
Nelle proiezioni pubblicate nel bollettino economico del luglio 2011, l’incremento del Pil dell’Italia nel 2012 era stimato pari all’1,1 per cento, in questo bollettino invece è inferiore di circa tre punti percentuali. Al peggioramento del quadro prospettico “avrebbero contribuito in larga parte l’aumento del costo del credito e il deterioramento della sua disponibilità indotti dall’inasprirsi della crisi del debito sovrano: se il differenziale tra i rendimenti dei titoli pubblici italiani e tedeschi, i tassi bancari e le condizioni di accesso al credito delle imprese fossero rimasti ai livelli prevalenti lo scorso luglio, la dinamica del Pil sarebbe stata nel complesso superiore di un punto percentuale”.