Il ministro Corrado Passera in società con l’Opus Dei? Macché. Nessun conflitto d’interessi. “Ho donato le mie azioni nel Campus Biomedico a una delle persone più impegnate nel progetto”. Con queste parole, in una lettera al Corriere della Sera del 31 dicembre scorso, l’ex banchiere aveva annunciato la scelta di tagliare i ponti con l’ospedale nato a Roma su iniziativa (e con i soldi) dei fedeli del beato Josemaria Escrivá, fondatore dell’Opera. “Azioni donate”. Già, ma a chi? Intervistato in tv da Report, nel maggio scorso il ministro dello Sviluppo ha svelato l’arcano senza in realtà svelare alcunché. Il nuovo fortunato proprietario delle azioni ex Passera si chiama Raffaele Nappi. Un signor nessuno, almeno a prima vista. Non è un imprenditore, né un professionista, tanto meno un banchiere. Nativo di Napoli, una sessantina d’anni, Nappi non fa parte della cerchia di amici, neanche di quella allargata, dell’ex banchiere passato al governo nella squadra dei tecnici di Mario Monti.
E allora perché mai Passera ha scelto proprio lui, Nappi, quando si è trattato di individuare un acquirente, seppure a titolo gratuito, di quel pacchetto di titoli, pari allo 0,11 per cento del capitale, della società che gestisce il Campus Biomedico? Estrazione a sorte? Oppure qualcuno ha indicato al ministro il nome di un possibile nuovo socio? A maggio, davanti alle telecamere di Report il ministro se l’era cavata spiegando che Nappi è una delle persone “più impegnate nel progetto dell’ospedale”. A occhio non sembra esattamente così, perché secondo quanto Il Fatto Quotidiano ha potuto ricostruire, la persona beneficiata da Passera è, più semplicemente, un dirigente, neppure di primissima fila, di un’altra iniziativa romana dell’Opus Dei. Nappi lavora infatti come libero professionista al centro Elis, un’altra associazione che fa parte della galassia dell’Opera. La scelta di Nappi pare proprio essere stata il frutto di un suggerimento da parte della prelatura, ovviamente interessata a parcheggiare in mani amiche le azioni di cui Passera voleva disfarsi. Nel suo profilo personale reperibile in rete, Nappi si definisce “vicedirettore presso Elis.org che poi sarebbe un centro di formazione professionale targato Opus.
Nei mesi scorsi questa sigla è salita alla ribalta delle cronache per lo scandalo delle assunzioni facili all’Ama, l’azienda municipalizzata per la nettezza urbana di Roma. Nel 2011, il pm Alberto Caperna ha aperto un’inchiesta per indagare sulle modalità con cui la società reclutò ben 900 dipendenti. La formazione dei neoassunti era stata appunto affidata al Consorzio Elis, il cui presidente, Sergio Bruno, è finito nella lista degli indagati, assieme ai vertici dell’Ama, tra cui l’ex amministratore delegato Franco Panzironi. Il Consorzio dell’Opus Dei, che si è ovviamente sempre chiamato fuori da ogni irregolarità legata alle assunzioni facili, resta comunque una delle più importanti realtà nella Capitale nel campo della formazione professionale, con importanti agganci negli enti locali. Partendo da Elis, con il biglietto regalato dal ministro, Nappi è così riuscito ad avere accesso al parterre degli azionisti del campus Biomedico. Un parterre molto selezionato, a cui negli anni scorsi si erano conquistati un posto imprenditori e manager, banche e fondazioni. Certo, tutto per pure “finalità filantropiche”, come a suo tempo spiegò anche Passera. Il socio più famoso della lista si chiama Francesco Totti, di anni 36. Sì, proprio lui, il pupone, il capitano della Roma, con una quota di 527 azioni, quasi pari a quella di Passera. Ma nel capitale dell’ospedale romano, che riceve anche importanti finanziamenti pubblici, troviamo compartecipazioni ben più rilevanti, anche grandi istituti di credito come il Monte dei Paschi di Siena e il veronese Banco Popolare, l’ex europarlamentare di Forza Italia Luisa Todini e il deputato Pd Matteo Colaninno, l’ente previdenziale dei medici (Enpam) e quello degli architetti (Inarcassa), il banchiere Carlo Salvatori e Carlo Monorchio, già ragioniere generale dello Stato. Insomma, quando l’Opus Dei chiama difficile non rispondere all’appello. Tutto per pure finalità filantropiche. Ovviamente.
Da Il Fatto Quotidiano del 15 luglio 2012