Oscar Luigi Scalfaro, anche lui intercettato indirettamente, non si rivolse alla Consulta. Non mancarono le polemiche politiche, le interrogazioni all’allora ministro della Giustizia, l’apertura di un fascicolo al Csm, con conclusiva archiviazione. Invece, l'attuale capo dello Stato ha deciso di investire i Supremi giudici
È senza precedenti il conflitto sollevato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, davanti alla Corte costituzionale, contro la Procura di Palermo. Oscar Luigi Scalfaro, l’altro Capo dello Stato intercettato indirettamente, infatti, non si rivolse alla Consulta. Era stato registrato, nel 1993, durante una conversazione con l’allora amministratore delegato della Banca popolare di Novara, Carlo Piantanida, indagato a Milano per il crac Sasea. A fine inchiesta, nel 1997, quella telefonata fu depositata dal pm, Luigi Orsi. Certo, non mancarono le sollevazioni politiche, le interrogazioni, tra gli altri, del senatore a vita Francesco Cossiga all’allora ministro della Giustizia, Giovanni Maria Flick, l’apertura di un fascicolo al Csm, con conclusiva archiviazione. Invece, il presidente Napolitano ha deciso di investire la Corte costituzionale di una questione generale e, inevitabilmente, personale.
La corte dovrà stabilire se i magistrati palermitani abbiano violato la legge sull’immunità del capo dello Stato, come ritiene Napolitano, o se invece, come hanno ribadito ieri il procuratore Francesco Messineo e il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, abbiano rispettato la legge che regolamenta le intercettazioni indirette (e casuali). Napolitano ha parlato al telefono con Nicola Mancino, ormai privato cittadino, sotto intercettazione per l’indagine sulla trattativa Stato-Cosa Nostra. Secondo la normativa che regola i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato (articolo 134 della costituzione; articolo 37 della legge 87/1953) la Corte dovrà fissare una prima udienza. È un’udienza-filtro: i 15 giudici costituzionali devono decidere esclusivamente sull’ammissibilità del quesito posto, in questo caso, dal Quirinale. Se, come è verosimile, sarà ammesso, potrà essere fissata l’udienza di merito. Di solito passano molti mesi e anche se la Corte di fronte a un conflitto così delicato e unico vorrà fare presto, è probabile che non potrà emettere una sentenza di merito prima di fine 2012-inizio 2013. Tra i 15 giudici che dovranno decidere ce ne sono due che Napolitano, nell’esercizio delle sue funzioni di presidente della Repubblica, ha nominato negli ultimi tre anni: Paolo Grossi e Marta Cartabia. Hanno giurato rispettivamente il 17 febbraio 2009 e il 13 settembre 2011. Il giudice più apprezzato da Napolitano, si dice, è Sabino Cassese, anche lui nominato dal capo dello Stato, ma quando al Quirinale, nel 2005, c’era Carlo Azeglio Ciampi. L’ex presidente ha nominato, inoltre, l’attuale vicepresidente della Corte, Franco Gallo, nel 2004 e Giuseppe Tesauro, nel 2005; alla Consulta c’è anche un amico di Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del presidente Napolitano, intercettato con Mancino. È Giorgio Lattanzi, stimato presidente di sezione della Cassazione. Sul conflitto sollevato dal capo dello Stato, l’Associazione nazionale magistrati ha deciso di stare a guardare. “Non si vuole interferire in alcun modo nelle vicende giudiziarie, abbiamo il massimo rispetto. Ho già detto che troppe parole fanno male sia alle indagini che ai processi”, ha dichiarato il presidente, Rodolfo Sabelli. La notizia sul conflitto è arrivata durante una riunione dell’Anm sulla responsabilità civile dei magistrati e sulle polemiche scaturite dopo una critica, senza aver letto gli atti, del procuratore aggiunto di Roma, Nello Rossi ai colleghi di Palermo e su alcune interviste di Ingroia. A quel punto, ci sono stati interventi sulla decisione del Quirinale. “Non dobbiamo sentirci aggrediti se altre istituzioni dello Stato ricorrono ad azioni legittime su vicende giudiziarie altrettanto legittime”, ha detto Anna Canepa, vicepresidente dell’Anm.
Non ha gradito invece l’iniziativa di Napolitano, Cosimo Ferri, leader di Magistratura Indipendente, fuori dalla giunta dell’Anm. “Pur nutrendo il massimo rispetto, sono preoccupato per la decisione presa dal presidente Napolitano. Devo constatare come oggi l’Anm non abbia l’autorevolezza per aprire un dibattito interno, dimenticando che la salvaguardia e l’autonomia della giurisdizione sono valori irrinunciabili su cui occorre assumere una posizione rispettosa ma ferma”. Parole insolite per Ferri, magistrato che ha sempre tessuto le lodi di Napolitano.
Da Il Fatto Quotidiano del 17 luglio 2012