Domenica 22 luglio all'autodromo Ferrari, il 43enne cantautore californiano riproporrà i successi di Give till it's gone
Ben Harper è un musicista la cui vita non si esaurisce nei pochi metri quadrati di un palco. Lo ha dimostrato già 16 anni fa. Era il 21 febbraio del 1996 e il cantante californiano tornava in Italia per il secondo anno di fila. Allora non si decideva a uscire sul palco del Vidia club di San Vittore di Cesena. Lo attendevano i fans nostrani che lo avevano conosciuto soprattutto grazie all’album dell’anno precedente “Fight for your mind”, titolo emblematico del temperamento dell’artista quarantaduenne che ha dimostrato negli anni coerenza ad un’idea di musica e grande attitudine soul. La “musica dell’anima”, risultato di blues e gospel, Ben Harper non solo la suona, la vive. E si preparava a viverla in quell’inverno del ’96, quando fece aspettare una platea gremita ed entusiasta, perché stava terminando di pregare, così spiegò il suo tour manager.
In Ben Harper il canto si fa preghiera, ma non si tratta dell’ordinaria prassi devozionale di un fedele di una qualsiasi religione. La sua è la spiritualità di chi canta un messaggio d’amore universale che travalica le distinzioni, troppo spesso nefaste, fra le varie credenze. “Lo spirito è il compimento dell’essere –ha detto- mentre la religione divide l’umanità”. Per questo nel suo pantheon sincretico non entrano in contraddizione il dio ebraico-cristiano e Jah, la divinità dei rastafari. E a ribadire la sua sfiducia nei culti organizzati ha aggiunto: “Credo in Dio, ma non nella religione”.
Questo approccio alla musica e alla vita è fondamentale per intendere la musica di Ben Harper, lui che ha collaborato e si è esibito con moltissimi artisti di fama internazionale, tra cui Ringo Starr, Pearl Jam, Jackson Browne, Rickie Lee Jones, Taj Mahal, Jack Johnson e Vanessa De Matta.
Il suo disco “There will be a light” con i Blind Boys of Alabama, un gruppo vocale di afro-americani ciechi e ultrassettantenni, ha vinto due grammy awards come migliore performance pop strumentale e migliore album di gospel soul tradizionale. “So di per certo –ha dichiarato Harper- che i Blind Boys Of Alabama vedono quel che noi non vogliamo, riusciamo e possiamo vedere. È un onore essere al loro fianco e sapere di essere loro amico. Li ringrazio per le lezioni di canto e ancor più per avermi insegnato che le fortune che uno ha sono un privilegio, non un diritto di nascita, e che non dovrebbero mai essere date per scontate”.
Non le ha date per scontate il musicista di Claremont. Visitando il suo sito si scopre, aprendo la sezione “activism”, che appoggia molte iniziative benefiche: tra queste Pick up America, Lift, Pat Tillman foundation, Feeding America, Living land and waters, Surfrider foundation. Quello di Ben Harper è un impegno costante a fianco della lotta alle differenze sociali e a sostegno dell’ambiente, da sempre presente nei testi delle sue canzoni, una per tutte “Excuse me Mr.”
Dall’attivismo in campo sociale a quello politico: nell’ottobre del 2004 Harper ha partecipato al tour Vote for change, organizzato da moveon.org, per incoraggiare la popolazione americana degli “Swing States”, gli Stati che non sono tradizionalmente a maggioranza democratica o repubblicana, a recarsi alle urne per le elezioni presidenziali. Anche grazie a quella campagna è stato eletto, nel gennaio del 2005, Barack Obama.
Oggi Ben Harper ha all’attivo 10 album studio, 4 live e 3 dvd. Il primo, “Pleasure + Pain”, registrato durante il tour di “Burn to shine” e diretto da Danny Clinch, racconta la vita del cantante e dei suoi musicisti, gli Innocent Criminals, durante i tour mondiali. Ed è live la maniera migliore per fruire della musica di un artista che cerca un contatto empatico col pubblico, per riceverne l’energia e restituirla innalzata dalla potenza soul del suo canto.