“Guardate io ormai sono un esperto: ho creato un manuale del perfetto imputato: primo, non parlare mai ma avvalersi sempre della facoltà di non rispondere; secondo: non chiamare come testimoni né parenti né coglioni”. Così ha esordito Marcello Dell’Utri, che si considera “un portatore sano di cancro giudiziario”, poco prima dell’inizio del nuovo processo d’appello che a Palermo lo vede accusato di concorso esterno a Cosa Nostra. Nel marzo scorso la Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza che lo condannava a sette anni di carcere, ordinando un nuovo processo di secondo grado. “Che devo dire? Da questo processo non mi aspetto un cazzo. Che mi devo aspettare? Siamo sempre qui, prima questo, poi questa trattativa, non si finisce più! Mi manca solo l’accusa di pedofilia” ha sbottato il senatore Pdl che ha seguito la prima udienza del suo processo passeggiando nervosamente in fondo all’aula.
È proprio Dell’Utri seguiva il suo processo è stata diffusa la notizia di una nuova inchiesta a suo carico, che lo vede indagato per estorsione nei confronti di Silvio Berlusconi. “Una notizia ha replicato Dell’Utri in diretta – che arriva casualmente nel momento in cui Berlusconi ha detto che torna: davvero strano. Il problema è che io credo ancora nella giustizia. Sono da ricovero, insieme ad Ingroia però: è lui il vero pazzo!”. Per i pm che indagano sulla trattativa Stato – mafia, Dell’Utri avrebbe minacciato l’ex presidente del Consiglio facendosi portatore delle richieste di Cosa Nostra. Secondo gli inquirenti il ricatto dell’ideatore di Forza Italia negli anni ’90 a Berlusconi sarebbe proseguito anche dopo gli anni ’80, arrivando fino all’elezione di Berlusconi a presidente del consiglio nel 1994. I magistrati coordinati da Antonio Ingroia vogliono infatti ascoltare Silvio e Marina Berlusconi come persone informate sui fatti, che non potranno quindi avvalersi della facoltà di non rispondere: secondo gli inquirenti sarebbero parte lesa dell’estorsione di Dell’Utri.
È per questo che anche il sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio ha chiesto stamattina di sentire il leader del Pdl come testimone durante il nuovo processo d’appello a Dell’Utri. Sotto i riflettori dei magistrati ci sono i flussi finanziari tra Palermo e Milano dagli anni ’70 – già studiati a fondo dal funzionario della Banca d’Italia Francesco Giuffrida nella relazione tecnica realizzata per la procura di Palermo nel 1998 – fino alla vendita della villa sul lago di Como che il cavaliere ha acquistato poco prima della sentenza della Cassazione di Dell’Utri. E nel patrimonio di B, decine sarebbero i milioni finiti nelle tasche di Dell’Utri senza un motivo specifico. “Ho creato un impero per Berlusconi, altro che soldi della villa. Sono pieno di debiti, spendo e spando, anche io devo divertirmi, cosa credete, ho bisogno di soldi ” ha sbottato Dell’Utri ad un certo punto Per il senatore infatti l’interesse dei magistrati sui movimenti di denaro tra lui e l’ex premier sarebbe addirittura morboso. “Non capisco cosa gl’interessa a loro dei soldi di Berlusconi che cazzo gliene frega a loro (ai magistrati n.d.r.)? Perché io devo venire a spiegare le cose ma neanche Berlusconi deve andare a spiegarle a nessuno al mondo” ha continuato il senatore che a vent’anni esatti dalla strage di via d’Amelio si è anche indignato per la continua mancanza di verità sui motivi che portarono all’uccisione del giudice Paolo Borsellino. “Dopo vent’anni – ha glissato Dell’Utri – certo sono emozionato, quel ricordo lì ti lascia sospeso: ed è allucinante che ancora non si sappia chi è stato. Questo è il vero scandalo! Chi è stato? Io e Berlusconi! Certo come no!”. Ma Dell’Utri non si ferma qui e anzi in caso di condanna guarda già al futuro: “Io dovevo fare il pm, ne ho la stoffa. Anzi, sa che le dico – afferma rivolgendosi a un giornalista – che se vado in galera studierò per fare il magistrato…”. Dopo aver presenziato all’apertura dell’udienza Dell’Utri ha lasciato definitivamente il Palazzo di Giustizia a bordo di un taxi: “Non ho più la scorta – ha detto -. Dal primo luglio me l’hanno tolta. L’ho avuto per tredici anni e ora, per motivi legati alla riduzione della spesa, mi è stata levata. Non mi dispiace, era una scocciatura. L’avevo rifiutata e mi era stata imposta”.