Tra i paperoni anche il sindaco di Milano Pisapia, che come presidente della fondazione della Scala figura tra i dirigenti pubblici: ha dichiarato quasi 900mila euro
Il bollettino di Palazzo Chigi sui redditi dei dirigenti di alcuni enti pubblici, anticipato ieri dal Fatto, rivela continue sorprese. Prendiamo il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia: nel 2010 non era ancora a palazzo Marino ed essendo uno dei più noti avvocati d’Italia dichiarava 897.695 euro (nell’elenco è citato in quanto presidente della Fondazione Teatro alla Scala, dunque di fatto manager pubblico). Il presidente delle Ferrovie dello Stato Lamberto Cardia, che proprio nel 2010 ha lasciato la Consob per un incarico simbolico ma redditizio, aveva un reddito da 483.885 euro. Ma tra i manager che ruotano attorno alle Fs certi redditi sono la norma, basti citare Fabio Battaggia, che amministra Grandi Stazioni (la società che gestisce i principali scali ferroviari): due anni fa ha guadagnato 856.212 euro. Si ferma a qualche centinaia di euro in meno Nando Pasquali, amministratore delegato del Gestore del servizio elettrico (intermediatore di tutti gli incentivi all’energia rinnovabile): 587.803 euro dichiarati nel 2010. Oggi è in scadenza, il ministro Corrado Passera vorrebbe sostituirlo ma ancora non ci sè riuscito. É invece saldamente al suo posto Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate e capo di Equitalia, la società di riscossione: da top manager dipendente dal Tesoro nel 2010 poteva contare su 627.863 euro annui.
Poco di meno per Giancarlo Giannini, presidente dell’Isvap, la autorità che vigila (anzi, vigilava) sul settore assicurativo: 447.626 euro. La performance dell’Isvap di Giannini è stata giudicata così deludente – vedi quello che è successo a Fondiaria Sai dei Ligresti – che il governo l’ha soppressa, trasferendo le competenze alla Banca d’Italia. Un’altra “tagliata” è Gabriella Alemanno, sorella del sindaco di Roma e per anni alla guida dell’Agenzia del Territorio, una delle divisioni del ministero del Tesoro: forse anche a causa delle spese di rappresentanza fuori controllo rivelate nel 2011 dal Fatto, Mario Monti ha chiuso l’Agenzia e trasferito la Alemanno che nel 2010 dichiarava 316.460 euro. Un’altra delle poche signore citate nel rapporto, l’imprenditrice Luisa Todini (oggi in cda Rai, prima vice presidente dell’Istituto per la promozione industriale) dichiarava 526.651 euro. Il decreto del governo che doveva fissare a 294 mila euro il tetto per i manager pubblici ancora non è arrivato. Chissà.
di Stefano Feltri e Carlo Tecce
da il Fatto quotidiano del 18 luglio 2012