Sono i componenti della squadra manutenzione che aveva lavorato sulla linea dello scambio la sera prima dell’incidente. Un atto dovuto in vista del test per ricostruire la dinamica dell'incidente. Intanto le indagini, ancora contro ignoti, sul sabotaggio continuano
Sono tre le persone indagate per il deragliamento del treno regionale 2855 della tratta Voghera-Rimini di sabato scorso. Si tratta di operai, dipendenti di Rfi, iscritti sul registro degli indagati per disastro ferroviario colposo. L’iscrizione è a loro garanzia, in vista della consulenza, che sarà un accertamento irripetibile. Domani mattina verrà affidata dal pm della procura di Bologna Francesco Caleca, al professor Giorgio Diana.
I tre operai indagati erano componenti della squadra di manutenzione che aveva lavorato sulla linea e sullo scambio la sera prima e la mattina stessa dell’incidente. Il treno è rimasto inclinato di 45 gradi e appoggiato sulla massicciata laterale. Tra i quasi 400 passeggeri, 25 sono rimasti contusi, mentre una persona è finita all’ospedale per un trauma toracico. Ora l’obiettivo dell’accertamento è capire che cosa abbia causato il problema al deviatore e se ci siano state responsabilità.
Intanto le indagini sul sabotaggio dell’alta velocità di lunedì mattina, a pochi chilometri dal deragliamento, continuano. I reati ipotizzati dalla procura sono attentato alla sicurezza dei trasporti, danneggiamento e ostacolo alla libera circolazione sulla linea ferroviaria. Al momento non ci sono rivendicazioni e i magistrati preferiscono mantenere cautela, anche se la matrice di natura anarcoinsurrezionalista è quella più accreditata. L’alta velocità è un obiettivo degli insurrezionalisti e i ganci sono stati utilizzati varie volte in passato per sabotare le linee ferroviarie.
L’indagine è ancora contro ignoti e il pubblico ministero Augusto Borghini ha già fatto gli accertamenti urgenti sui fatti. Il procuratore capo Roberto Alfonso, in merito alla natura del sabotaggio, ha dichiarato che per ora “risalire alla matrice certa può essere solo ipotizzabile, ma non è un elemento di certezza. Si possono avere idee, ma non sono indicative, possono indirizzare un filone investigativo, ma nulla di più”.
Alfonso definisce l’accaduto di “una gravità intrinseca per il danno ai mezzi ed eventualmente alle persone e rispetto a quello che può significare. Se il fatto fosse riconducibile ad ambienti anarchici – conclude – sarebbe il segno della tensione che si alza”.
I due ganci forgiati in modo artigianale, che hanno rischiato di mandare in tilt l’alta velocità ferroviaria lunedì mattina alle 6.30 a pochi chilometri dalla stazione di Bologna, sono però diversi da quelli indicati nel manuale “Ad ognuno il suo-1000 modi per sabotare questo mondo”, definito anche come una sorta di manuale del perfetto anarcoinsurrezionalista.
I due uncini, ricavati da tondini di ferro come quelli utilizzati per fare il cemento armato e legati al filo di nylon tipo lenza da pesca, erano stati piazzati sulle linee aeree sia del binario pari che del binario dispari. L’obiettivo era quello, probabilmente, di danneggiare la linea con l’arrivo dei treni e mettere così ko in entrambe le direzioni l’alta velocità. Il sabotaggio è avvenuto tra le stazioni di Ponte Samoggia e Anzola Emilia, tra le province di Modena e Bologna.
Ma i due ganci non hanno stracciato i cavi della linea ferroviaria, con il rischio così di mandare in tilt l’intera rete. Il danno infatti è stato tutto sommato ridotto: danneggiato il pantografo di un Frecciarossa che da Milano era diretto a Bologna, ma era fuori servizio e, quindi, senza passeggeri a bordo. Ritardi compresi tra i 10 e i 20 minuti per una trentina di treni che hanno viaggiato dalle 6.30 su un solo binario. Poi alle 12.30 è stata riattivata la circolazione dei treni ad alta velocità anche su quel binario. Sul luogo del sabotaggio erano arrivati tecnici delle Ferrovie dello Stato, Polfer, carabinieri, Digos e il pm di turno Augusto Borghini, titolare del fascicolo.