Gli uomini agivano attraverso 4 società che si occupavano di sponsorizzazioni di gare automobilistiche e trasferivano sistematicamente i proventi dell’attività criminosa in Svizzera e a San Marino
Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Rimini, Stefania Di Rienzo, ha disposto inoltre un sequestro preventivo di due immobili, uno a Borghi (FC) e l’altro a Vistrorio (TO), oltre a vari autoveicoli e motoveicoli, quote societarie, cassette di sicurezza, polizze assicurative, libretti di deposito presso sei istituti bancari, per un totale di 8 milioni di euro.
Le indagini, coordinate da Gemma Gualdi della Procura di Rimini, hanno consentito di raccogliere numerosi elementi di prova a carico degli indagati, i quali agivano attraverso 4 società che si occupavano di sponsorizzazioni di gare automobilistiche, soprattutto rally. I quattro uomini, ora assicurati alla giustizia, trasferivano sistematicamente i proventi dell’attività criminosa in Svizzera e a San Marino.
Tre delle società alla base della frode fiscale hanno sede legale a Coriano di Rimini, una “è stata appositamente costituita nel Delaware (Stati Uniti), Paese notoriamente off shore” avverte Mario Venceslai, comandante provinciale della guardia di finanza. Tutte facevano capo a R.P., un ex pilota, ora imprenditore, che si è avvalso della collaborazione di soggetti di comodo della provincia di Torino e di un italiano, residente in Svizzera, quale professionista in grado di offrire consulenza sulle attività di riciclaggio internazionale dei guadagni illeciti. I proventi erano realizzati con un giro di fatture false e reperendo prestanome nullatenenti, sui quali venivano trasferite la titolarità delle quote societarie e le connesse responsabilità amministrative e penali.
Dalla frode traevano vantaggio sia le scuderie automobilistiche che i finti sponsor. Le prime reperivano le somme necessarie allo svolgimento delle manifestazioni, comprese quelle per i compensi in nero di tutto il personale utilizzato per partecipare alle gare, i secondi ottenevano un vantaggio economico perché, a fronte di fatture gonfiate recanti costi fittizi, pagavano ai team una piccola percentuale dell’importo indicato in fattura.
Il vero servizio offerto dalle scuderie e dalle altre società che organizzavano gli eventi era pertanto una sorta di pacchetto di risparmio fiscale che prescindeva dall’utilità delle sponsorizzazioni.
Prosegue intanto l’attività di accertamento che finora ha richiesto un lavoro complesso di ricostruzione dei flussi finanziari, visto che gran parte della documentazione fiscale è stata occultata o distrutta. Nell’indagine dei militari del nucleo di polizia tributaria di Rimini è stata dunque fondamentale la sinergia con l’ufficio antifrode dell’Agenzia delle entrate che ha dato origine al procedimento penale.
Allo stato attuale sono state constatate solo le annotazioni di fatture false relative ai costi fittizi, per oltre 20 milioni di euro. L’indagine ora si concentrerà sulle responsabilità dei clienti delle società di R.P., che a loro volta hanno annotato in contabilità le fatture gonfiate. Nel mentre si cerca un cittadino del Marocco, implicato nella truffa come prestanome: l’unico dei responsabili che non è stato assicurato alla giustizia.