Dopo cinque giorni di violenti scontri a Damasco, i carri armati del regime di Bashar-al-Assad entrano per la prima volta nella capitale. Lo riferiscono attivisti di una ong Osservatorio siriano dei diritti umani sottolineando il “timore di massacri”. I mezzi hanno fatto irruzione nel quartiere di Qabun, nella parte est della città, mentre diversi testimoni riferiscono di un attacco dei ribelli al quartier generale della polizia nella zona di Qanawat, in pieno centro. All’indomani dell’attentato che ha causato la morte di due ministri e del capo dell’intelligence siriana i combattimenti, che ieri avrebbero causato la morte di almeno 200 persone, non si fermano. Mentre sul piano diplomatico l’azione dell’Onu è stata bloccata dal veto di Russia e Cina su una risoluzione del Consiglio di sicurezza che intendeva imporre nuove sanzioni sul regime.
E’ la terza volta, in nove mesi, che Russia e Cina hanno usato il loro potere di veto all’interno del consiglio per bloccare le risoluzioni contro il regime siriano. Al voto odierno, la nuova risoluzione ha ottenuto 11 voti a favore, Russia e Cina contro e due astensioni. Intanto è giallo sulla sorte di Assad, che potrebbe essere fuggito a Latakia, sulla costa nordmediterranea, oppure trovarsi ancora a Damasco. C’è chi ipotizza che abbia già lasciato la capitale, ma nelle ultime ore la televisione siriana ha mostrato immagini di Assad, mentre parlava con il nuovo ministro della Difesa, Fahd Jassem Al Freij. In precedenza l’emittente aveva dato notizia del giuramento del nuovo ministro davanti ad Assad, ma senza mostrare le immagini.
Nelle ultime ore è anche circolata la voce che Asma, la bella moglie con passaporto britannico, abbia trovato riparo in Russia; secondo il quotidiano al Quds al-Araby, mercoledì un aereo presidenziale è partito da Damasco diretto verso una destinazione sconosciuta. Mosca però nega qualsiasi ruolo e soprattutto smentisce di voler prendere in carico il presidente siriano, nel caso questi decidesse di lasciare la Siria. Lo ha detto un autorevole collaboratore del presidente russo, Vladimir Putin, aggiungendo di non sapere nulla di un eventuale piano per farlo arrivare a Mosca.
Nell’incertezza sulla sua sorte, a Damasco si è combattuto per tutta la mattinata, quando sono state sentite esplosioni vicino alla sede del Consiglio dei Ministri. La tv di Stato siriana ha avvertito la cittadinanza che a Damasco potrebbero aggirarsi uomini armati, con indosso finte uniformi militari, pronti ad attaccare la popolazione. L’opposizione in realtà accusa le forze di sicurezza di aver usato l’artiglieria pesante per attaccare aree ribelli come Tadamon e Midan e così messo in fuga gli abitanti; e accusa i miliziani pro-Assad, i temibili ‘shabiha’, di aver razziato le zone controllate dall’opposizione, nella capitale.
Intanto, rientra a Ginevra il capo degli osservatori Onu in Siria: domani scade il mandato di 90 giorni dato dalle Nazioni Unite alla missione di monitoraggio dell’Onu (Unsmis), e per lui per adesso non c’è più nulla da fare. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu deciderà nelle prossime ore se estendere il mandato di altri 45 giorni. La Casa Bianca però ha fatto sapere che non appoggerà un’estensione della missione, dopo il mancato passaggio odierno della risoluzione dei paesi occidentali. Intanto l’amministrazione Obama si prepara al dopo Assad e ha valutato, insieme al governo israeliano, la possibilità di un attacco mirato da parte degli aerei con la ‘stella di David’ agli arsenali militari, quelli dove ci sono le armi chimiche.