E’ un braccio di ferro che potrebbe terminare presto e male quello per Bartleby, spazio occupato in via San Petronio Vecchio. L’Università di Bologna, proprietaria dei locali utilizzati dal collettivo nato ai tempi delle proteste contro l’ex ministro Gelmini, non fa mistero di volere vedere quelle aule vuote e a completa disposizione.
“Ci sono dei lavori di ristrutturazione che devono iniziare da mesi. Bartleby abbandoni subito quello spazio”, ripete da tempo il prorettore agli studenti Roberto Nicoletti. Un avvertimento che si è ripetuto nel corso degli ultimi due mesi, e che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più entro fine agosto, periodo in cui storicamente a Bologna sono stati eseguiti alcuni tra gli sgomberi più problematici. O almeno è questa la paura dei ragazzi e delle ragazze dello spazio occupato che iera mattina si sono presentati nel cortile del Comune portandosi dietro un tavolo. “Vedete che vogliamo trattare?”, hanno spiegato per poi mostrare le oltre 100 firme arrivate in risposta al loro appello alla città.
Sul sito del collettivo appaiono già una serie di messaggi di sostegno. Professori dell’Università di Bologna e non solo, giornalisti, scrittori come i Wu-Ming, centri sociali e anche pezzi della Cgil. Il segretario della Slc-Cgil di Bologna ad esempio chiede al Comune e all’Università di dare il prima possibile una nuova sede al collettivo, “piccolo ma importante patrimonio per la città”. A prendere posizione anche alcuni abitanti di via San Petronio Vecchio. “Bartleby rende più sicure e gradevoli le serate del quartiere”, spiega una vicina. Poi c’è il movimento dei Docenti preoccupati. “La sede di Bartleby – spiegano in una lettera aperta i professori – è stata attraversata in questi anni da una moltitudine di musicisti, scrittori, artisti, docenti universitari e attivisti politici; si sono susseguite presentazioni di libri, reading di poesie, concerti di musica classica, videoproiezioni, mostre di fumetti, dibattiti sull’attualità e sul mondo. Tutto senza finanziamenti e a costo zero per la collettività. Consideriamo Bartleby uno dei più attivi e vivaci laboratori di autoformazione e produzione culturale che Bologna abbia espresso negli ultimi anni”.
Se il mondo culturale sembra reagire alla richiesta di sostegno, diversamente stanno andando le cose in Consiglio comunale, dove la maggioranza è spaccata in due. Da una parte l’assessore alla cultura Alberto Ronchi, che a Bartleby aveva promesso l’assegnazione di nuova sede, togliendo così le castagne dal fuoco anche all’università che fino a questo momento ha tuonato senza però mai dare materialmente il via allo sgombero. Assieme a Ronchi Sinistra e Libertà, che con i suoi assessori e consiglieri è parte fondamentale della maggioranza di centro sinistra e che chiede con forza di risolvere positivamente la questione. Dall’altro lato della barricata quel gruppo di consiglieri comunali in quota Pd che vede come il fumo negli occhi ogni occupazione e violazione della legalità.
Un conflitto che ormai è più che altro interno al partito del sindaco Merola e che vede sempre più isolato l’assessore alla cultura Ronchi. Basti pensare che già a ottobre 2011 l’assessore annunciava ai giornali di voler consegnare le chiavi di una nuova sede a Bartleby (“perché la forza dell’amministrazione è nel dialogo”) e solo un mese fa la trattativa tra il collettivo e l’assessorato era così avanzata che si discuteva di dettagli tecnici come l’insonorizzazione della nuova sede. Poi un’opposizione sempre più forte tra le fila dei democratici ha fatto saltare tutto mentre la pazienza dell’Alma Mater arrivava agli sgoccioli. “Non c’è nessuna componente anti-Bartleby in consiglio”, si è affrettato a smentire il capogruppo dei democratici Sergio Lo Giudice. Parole che cozzano con quanto dichiarato alle agenzie dall’assessore alla cultura: “E’ chiaro che c’è un veto politico”. Quello che ancora non si capisce è se l’ostilità di parte del Pd colpisca Bartleby o direttamente la linea dialogante di Ronchi.
Dal canto loro gli attivisti di Bartleby rivendicano la propria esperienza, ma al tempo stesso si dicono disponibili a lasciare senza problemi la vecchia sede nel momento in cui verrà loro assegnato un nuovo spazio. “Bartleby – scrivono sul loro sito – non sono quattro mura in via San Petronio Vecchio, ma un progetto politico e culturale”. “Come esempio – spiega Marco – il Comune dovrebbe prendere quello di Napoli, dove lo spazio occupato di San Gregorio Armeno è stato affidato a un collettivo senza un’assegnazione classica ma attraverso un protocollo”.