Alla fine se ne va. Da qualche settimana alcuni amici bene informati mi avevano avvertito che il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, aveva deciso di accettare l’offerta dell’Onu di guidare l’unità di investigazioni e analisi criminale contro l’impunità in Guatemala. E io non avevo avuto nemmeno il coraggio di chiamarlo per chiederlo direttamente a lui. Avevo paura della sua risposta. Oggi l’ho letta sui giornali, e non è stato meglio.
A settembre Ingroia ha confermato che lascerà Palermo, per un anno dice. Anche se temo che quell’anno in realtà sia un modo per convincere noi e se stesso che prima o poi tornerà.
In queste ore è un fiorire di gruppi sui social network per chiedere al procuratore aggiunto di rinunciare, di non lasciare Palermo, di non lasciare l’inchiesta sulla Trattativa proprio adesso, soprattutto di non lasciare solo Nino Di Matteo e gli altri sostituti.
Io in questo momento non me la sento di chiedere ad Ingroia qualcosa. So bene cosa abbia dovuto subire in questi anni, da ogni parte. Attacchi violenti ed espliciti dalla politica, dal Csm, e anche da alcuni colleghi magistrati. Ultimo della collezione il “pazzo” che gli ha tributato Marcello Dell’Utri, uno degli uomini qualitativamente peggiori di questa nazione, un indegno seriale.
Non so se bisognerebbe insistere, non so se bisognerebbe chiedergli di rimanere, o piuttosto lasciare che trascorra quest’ultimo mese in tranquillità. Certo fa male, e molto. Per una volta però noi abbiamo fatto fino in fondo in nostro dovere. Non gli abbiamo mai fatto mancare, nemmeno per un solo momento, il nostro affetto e il nostro appoggio. Lo abbiamo fatto moralmente ma anche di persona. Non possiamo rimproverarci nulla, non potevamo fare di più, non potevamo fare di più.
Spero soltanto che ora chi invece non ha mai fatto nulla per proteggerlo dalle bombe mediatiche, taccia. Spero che tacciano i partiti politici che gli hanno fatto più danni di Berlusconi e del Pdl, con poche eccezioni tra cui l’Idv e i piccoli partiti della sinistra. Spero che taccia il Csm, che lo ha ammonito per essersi definito “partigiano della Costituzione”. Spero che taccia il procuratore nazionale antimafia Grasso, che lo ha accusato non una mapiù volte di fare troppa “politica”.
Per ora rimarrò in silenzio ad assorbire un colpo duro e inatteso anche se temuto. Mi mancherà certamente incontrare Ingroia agli incontri, ai convegni, in tribunale. Mi mancherà il suo “e quindi, e quindi…” quando qualcuno gli raccontava qualcosa e lui cercava distrattamente di capire mentre armeggiava con il suo Ipad. Ecco, forse qualcosa possiamo chiedergliela: la promessa che quell’anno duri davvero 365 giorni.