Le borse non si accorgono della piccola concessione da parte dell'Europa che oggi ha approvato il pacchetto da 100 miliardi per salvare le banche iberiche. Due le ragioni: l'accelerazione della crisi di Madrid e la fiducia degli investitori per l'area euro ai minimi storici
La novità è che l’Europa ha fatto la sua piccola, insperata concessione. Il déjà vu è che i mercati non se ne sono accorti. Nella giornata odierna l’Eurogruppo ha approvato il pacchetto da 100 miliardi (30 subito) per il salvataggio delle banche spagnole. L’aspetto nuovo, come si deduce dallo stesso documento, consiste però nel fatto che questa liquidità, consegnata a Madrid per essere successivamente destinata alla ricapitalizzazioni, potrà essere usata, ma solo d’intesa con la Ue, anche per altri scopi. Ovvero, per l’acquisto di quei titoli di Stato che oggi subiscono una pressione mai vista prima. Una possibilità insperata se si pensa che fino a ieri era stata la Commissione europea a ribadire il suo no all’impiego del denaro sul mercato obbligazionario. Come si diceva, tuttavia, gli operatori di mercato non si sono fatti prendere dall’entusiasmo.
Oggi la borsa di Madrid ha chiuso le contrattazioni con un pesantissimo -5,8% mentre lo spread tra i suoi titoli di Stato e gli equivalenti tedeschi toccava quota 610 (i bonos rendono ormai il 7,2%, un livello record). Milano non si è comportata particolarmente meglio perdendo il 4,38%. I Btp italiani viaggiano al 6,14% (spread a 497) evidenziando la solita tensione. Brutte notizie anche dalle altre piazze finanziarie con Parigi e Francoforte che perdono attorno ai due punti percentuali e Londra in rosso dell’1%. Il classico venerdì nero insomma.
Ma cosa determina questo disastro? Gli aspetti da considerare sono per lo meno un paio. In primo luogo è corretto dire che la crisi spagnola ha subito una grave accelerazione. Ieri il governo iberico ha rotto gli indugi nel giustificare le nuove misure di austerity ammettendo che in assenza di un aiuto esterno la nazione sarebbe già andata in default conclamato. I cittadini hanno risposto con imponenti manifestazioni di piazza, ovvero con quello che per qualsiasi analista è sintomo di instabilità politica (una cosa che i mercati non premiano mai). La sensazione, data anche la recente esperienza degli interventi di risanamento contabile, è che la recessione si protrarrà a lungo. In una conferenza stampa i cui contenuti sono stati ripresi dal Wall Street Journal, il ministro del bilancio Cristobal Montoro ha spiegato che il Pil spagnolo si contrarrà “solo” dell’1,5% nel corso di quest’anno (contro il -1,7% inizialmente previsto), ma ha anche ammesso, contrariamente a quanto sostenuto in precedenza, che la tendenza non riuscirà ad invertirsi nel 2013 abbassando le previsioni per il prossimo anno dal +0,2 al -0,5%.
Il secondo aspetto rilevante è invece il clima generale attorno all’area euro. La fiducia degli investitori è ai minimi storici e i tentennamenti dell’Eurogruppo, della Commissione e della Bce – che oggi ha annunciato di non essere più disposta ad accettare i titoli greci come garanzia sui rifinanziamenti delle banche in attesa del report della troika – non aiutano di certo. Dal fondo anti spread all’unione bancaria, tutti i progetti di riforma dell’architettura finanziaria europea procedono troppo lentamente e in modo poco credibile. Pensiamo al fondo Esm: per molti parte già con il piede sbagliato, visto che dotandosi di risorse finite non è in grado per definizione di garantire una difesa permanente che sopprima le velleità degli speculatori. Eppure il futuro stesso di questo strumento, faticosamente istituito grazie alla mediazione tra le diverse nazioni, è messo a rischio dalla corte costituzionale tedesca, che il 12 settembre prossimo, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche dichiararlo illegittimo impedendo alla Germania di prendervi parte con i suoi finanziamenti che, come si sa, sono imprescindibili. Se il problema è la credibilità, insomma, ci siamo dentro fino al collo.
Quanto all’Italia sa tutto di già sentito. Roma è il terzo contribuente del fondo “salva Spagna” (un appellativo che a questo punto sarebbe decisamente più appropriato di “salva banche”), ma i suoi finanziamenti sono rastrellati sul mercato a tassi esorbitanti. Il sostegno a Madrid, in altri termini, costringe Roma ad operare in perdita. Aggiungiamoci il più scontato luogo comune degli analisti del “dopo la Spagna tocca all’Italia” (e niente nel mercato funziona meglio di un luogo comune) e il gioco è fatto. Certo, il ministro Schaeuble ha assicurato in serata che “l’Italia non avrà problemi”. Ma tutto è perfettamente noto, insomma, tutto già sentito. Ed è proprio questo il problema.