In un'intervista a 'La Stampa', il procuratore di Palermo spiega di avere “apprezzato e condiviso il richiamo del Capo dello Stato alla necessità di lavorare senza sosta e senza remore per accertare la verità sulla strage di via D’Amelio”. E annuncia che a settembre andrà in Guatemala per un incarico assegnato dall'Onu
La trattativa Stato-mafia, le parole di Napolitano e l’anniversario della morte di Borsellino. Sono questi alcuni dei temi toccati nell’intervista ad Antonio Ingroia su La Stampa, dove il procuratore di Palermo specifica di non sentirsi ”in guerra con nessuno”. Osserva però, di essere “diventato un bersaglio”, in riferimento a quanto dichiarato dal procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, secondo cui è stata “dichiarata guerra” contro lui e l’ufficio di Palermo. Poi prosegue: “Non mi appartiene la logica della guerra, in questi anni ho cercato di muovermi sempre seguendo gli insegnamenti di Paolo Borsellino” e aggiunge di aver “apprezzato e condiviso il richiamo del Capo dello Stato alla necessità di lavorare senza sosta e senza remore per accertare la verità sulla strage di via D’Amelio”.
Ingroia ha annunciato che a settembre partirà per il Guatemala, accettando l’offerta delle Nazioni Unite per un incarico annuale di capo dell’unità di investigazione e analisi criminale contro l’impunità nello stato centramericano. Per quanto riguarda le intercettazioni legate all’inchiesta sulla trattativa stato-mafia, Ingroia spiega: “Sono state depositate solo quelle ritenute rilevanti. Quelle del tutto irrilevanti sono rimaste in un altro procedimento che avrà certamente tempi più lunghi”. Infine, sulle indagini aggiunge: “La Procura ritiene di aver ricostruito la trama e di aver individuato i principali protagonisti ma rimangono ancora dei buchi neri”.