L'azienda dei Berlusconi giustifica la decisione con la crisi (nel 2011 i ricavi sono scesi del 6%), per i sindacati è solo un "make up per gli azionisti". Lombezzi: "Mentre la Minetti negozia un contratto a vita, operatori che lavorano lì da anni vengono messi in una struttura che non c'entra granché con le riprese"
A Cologno Monzese, sotto le insegne di Mediaset, di scioperi e presidi non se ne vedono spesso. Ma oggi è una giornata particolare: i sindacati hanno indetto 4 ore di astensione dal lavoro, prima mossa per protestare contro l’esternalizzazione dei lavoratori delle dieci sedi regionali della Videotime, una controllata del gruppo. In tutto 74 dipendenti, tra operatori e montatori, che andranno a finire in una newco controllata da una società che non c’entra granché con le riprese televisive. E che a sua volta è proprietà di un’altra società con sede in Lussemburgo.
L’azienda dei Berlusconi giustifica la decisione con l’aria di crisi che tira: nel 2011 i ricavi si sono ridotti del 6% e l’utile è sceso fino a 170 milioni di euro per poi azzerarsi nel primo trimestre del 2012. Gli ascolti sono in calo e la raccolta pubblicitaria è sempre più risicata, soprattutto da quando il governo non è più presieduto dal capofamiglia. Così il piano di tagli triennale, che secondo quanto comunicato alla fine dell’anno scorso doveva essere di 250 milioni di euro, è stato incrementato fino a 400 milioni. Annuncio di qualche giorno fa, insieme a quello della cessione di un ramo di azienda: una parte della Videotime, che in totale conta circa 1.200 lavoratori e che al suo interno ha tutte le professionalità per la produzione dei programmi tv.
A dover lasciare Mediaset saranno gli operatori e i montatori delle troupe delle varie sedi italiane, escluse quelle di Milano e Roma. Prossima destinazione la Dng (Digital news gathering), una nuova società creata ad hoc che sarà controllata dalla Ten Eleven, una srl con appena 15mila euro di capitale sociale. La Ten Eleven è guidata dall’amministratore unico Renato Pizzamiglio, un ex manager di Mediaset, ed è posseduta in toto dalla Tenev S.A., una società con sede in Lussemburgo.
Se da un lato il prossimo datore di lavoro dei 74 dipendenti è racchiuso in un sistema con centro in un paradiso fiscale, dall’altro l’oggetto sociale della Ten Eleven appare quanto mai bizzarro. Da statuto infatti la società dovrebbe occuparsi dello studio e della progettazione di apparati e di sistemi per le telecomunicazioni e “della gestione e amministrazione di unità immobiliari di proprietà e di terzi adibite a qualsiasi destinazione d’uso”. Niente a che fare, dunque, con le attività di ripresa e montaggio a cui si dedicano da molti anni le troupe di Videotime.
A ilfattoquotidiano.it Mediaset fa sapere che Pizzamiglio si è impegnato a subentrare nella proprietà della Ten Eleven alla società lussemburghese entro il 31 luglio. E che a garantire sulle competenze in campo televisivo dell’imprenditore è una delle sue aziende, la Edb (European Broadcasting Development), che si occupa di grafiche tv e montaggio.
“E’ un segnale molto preoccupante – commenta però Mimmo Lombezzi, storico giornalista delle reti del Biscione – pensare che mentre Nicole Minetti sta negoziando un contratto a vita con Mediaset, operatori che lavorano lì da tanti anni vengano presi e messi in una struttura che come core business non ha quella di fare riprese”. Lombezzi in particolare ha in mente uno dei suoi operatori. Insieme hanno fatto il giro dei bordelli del Burkina Faso e della Thailandia con telecamera nascosta: “Roba che se ti prendono, finisci male – spiega -. Una volta, in Nicaragua, lui si è pure preso un cazzotto in faccia”. Gente, insomma, che a Mediaset ha dato molto.
“Chi sta dietro alle telecamere, ha creato questa azienda – aggiunge Paolo Casamassima, rappresentante sindacale dello Slai Cobas – e ha contribuito a tutte le situazioni positive della famiglia Berlusconi”. Dalla discesa in campo del 1994, alle iniziative contro i referendum del 1995 sulle tv private, all’acquisto nel 1996 delle azioni del gruppo con parte del Tfr, solo per fare qualche esempio. Ora, il sospetto dei sindacati è che dietro il progetto di esternalizzazione dei lavoratori si nasconda la volontà di facilitare il loro licenziamento.
La cessione di ramo di azienda porterà a un risparmio annuale di 2-2,5 milioni di euro. Briciole rispetto ai 150 milioni di tagli in più che sono appena stati decisi dai vertici. Ai sindacati non è stato comunicato quali siano le altre iniziative per raggiungere l’obiettivo di risparmio e in una nota congiunta le sigle Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno accusato l’azienda di non voler presentare “né un piano editoriale, né un piano industriale”.
Fulvia Varalli, rappresentante sindacale della Cgil, parla di “make up fatto per gli azionisti”. Ovvero un’operazione di vetrina per dimostrare ai mercati che Mediaset ha intenzione di diminuire il costo del lavoro. E c’è anche il rischio che questa sia solo la prima di una nuova serie di esternalizzazioni. Nuova, perché già due anni fa 56 truccatori e parrucchieri delle sedi di Milano e Roma erano stati ceduti alla Pragma Service. Allora l’azienda aveva fatto notare che quella non era un’attività di core business. “Ma adesso – sottolinea Varalli – affermare che riprese e montaggio non sono centrali per una tv è tutto dire”.