“Mi scusi, ce lo porta un caffè? Noi siamo qui e non ci possiamo muovere”. “Qui” è il piazzale antistante il porto nuovo, dove continuano a essere stipati i barconi dell’emergenza, i pochi non ancora smaltiti, quelli sotto inchiesta, quelli che senza un presidio dell’esercito, 24 ore su 24, potrebbero risultare pericolosi. Un anno dopo quella che Maroni definì l’emergenza del secolo, Lampedusa è tornata ad essere un’isola in apparenza normale. I (pochi) voli registrano il tutto esaurito, le strutture ricettive anche e, pur con meno soldi degli anni scorsi, i turisti non rinunciano allo shopping serale in via Roma o alle gite in barca alla scoperta delle baie più belle. Nessuno ha più voglia di parlare di sbarchi, immigrati, tunisini, soccorsi.
“Ci hanno detto che tanto, anche se arrivano, noi non li vediamo nemmeno”, racconta una signora bolognese sulla spiaggia di Cala Madonna. Perché in realtà è così che avviene, da alcun mesi a questa parte. Soprattutto da quando, un po’ alla chetichella, a fine giugno ha riaperto il Centro di prima accoglienza. O, almeno, una parte, come testimoniano queste foto. La struttura di Contrada Imbriacola era stata data alle fiamme nel settembre dello scorso anno, quando gli immigrati tunisini, stremati da mesi di reclusione immotivata, avevano dato luogo a una protesta non proprio pacifica. Rivolta che – guarda caso – aveva spinto l’ex titolare dell’Interno a “indurre” il comandante del porto a emanare l’ordinanza di Lampedusa “approdo non sicuro”.
Dopo averne annunciato, alcuni mesi fa, la ristrutturazione, il nuovo ministro Cancellieri ne ha consentito la riapertura (perché nel frattempo, anche se in minima parte rispetto allo scorso anno, gli sbarchi sono ripresi). Peccato che di ristrutturato ci sia soltanto la parte centrale, buona per ospitare circa 300 persone. Le palazzine date alle fiamme lo scorso anno cadono a pezzi, il vento e il sole di Lampedusa si sono mangiati anche quelle parti che, se prese in tempo, si sarebbero potute recuperare (nella foto la situazione subito dopo l’incendio, nel settembre 2011, e oggi). Quanto costerà ora demolirle? Non sarebbe convenuto ristrutturare tutto?
Che il centro sia aperto lo sanno in pochi: la Cancellieri lo ha annunciato il 20 giugno durante la presentazione del rapporto dell’associazione “A buon diritto”, ma pare non sia troppo felice che la notizia circoli. Anche perché, ancora, si è ben guardata dal revocare l’ordinanza di porto non sicuro: teme che una decisione del genere possa far rivedere nuovamente le rotte dei trafficanti di uomini, che adesso si dirigono a Malta. Finora il Centro ha ospitato per qualche giorno soltanto tre donne e tre minori. Ma tutto questo i turisti di Cala Madonna non lo sanno.