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Strage di Denver. La maschera della follia

‘Il 24enne che ha aperto il fuoco durante la prima di mezzanotte nella capitale del Colorado era vestito come il personaggio, conosciuto in Italia col nome di ‘Flagello’. E’ solito coprire il volto con una maschera simile a quella dei ‘luchadores’ messicani’. ” Tutto ciò che è profondo ama la maschera », scriveva Friedrich Nietzsche. Cosa vuol dire? 

C’è una zona d’ombra nella nostra psiche, un ricettacolo nel quale buttiamo tutto quello che non ci piace, dove rimuoviamo le nostre invidie, meschinità e orrori. Fatto questo ci costruiamo una maschera dietro la quale celare le nostre pulsioni aggressive, i rancori, l’aggressività. Se con questa zona psichica, che possiamo chiamare Ombra, non facciamo la guerra e se riusciamo a non negare i nostri piccoli orrori, perdonandoceli, se non abbiamo bisogno per sopravvivere di proiettare tutto il nostro male sull’altro, allora l’Ombra non si attiva o almeno non fa troppi danni. Quando invece, esaltati dall’illusione di apparire ed apparirci perfetti e buoni, spostiamo le nostre meschinità all’esterno, possiamo diventare banalmente e con molta facilità dei piccoli mostri. Piccoli mostri che nel collettivo diventano massa incosciente, capace di uccidere, perseguitare, umiliare ed affamare quella diversità che diventa nemica. Ma questo nemico è sempre solo dentro di noi.  Scacciamo, affamiamo ed umiliamo quello che riteniamo inaccettabile dentro noi stessi.

Più la nostra maschera sociale è rigida, più dentro di noi, in quel “profondo” di cui parlava Nietzsche, cova e si attiva l’Ombra, pulsando e premendo per aver voce.

Questo 24enne di Denver ha indossato la maschera mitologica del MALE totale e ha sparato tutta la sua rabbia, compiendo una strage. Ogni volta ci si chiede: era prevedibile? come può scattare tanto furore? Probabilmente nel delirio di questo ragazzo tutto il male era proiettato all’esterno, sulla massa inerme che lui riteneva di dover punire, come un “flagello”. Siamo sicuri nelle nostre dimore psichiche fino a quando qualcuno non ci ricorda  che esiste la follia e anche in quel caso ci illudiamo che sia estranea a noi. Eppure in ognuno di noi l’Ombra esiste come una ferita e al contempo esiste anche una pulsione all’evoluzione ed emancipazione, una ricerca dell’armonia e della bellezza che sono dentro di noi, come una cura. 

Quando accade che un popolo intero si sente minacciato da un’altra etnia, come nel  caso terribile del periodo nazista, ad attivarsi non è l’ombra del singolo ma quella collettiva. Come un organismo convive con le sue debolezze, puntando sulla resilienza e capacità vitale, così la follia, quella zona d’ombra , non deve essere rimossa e ritenuta estranea. E’ una potenzialità psichica anch’essa. Anch’essa figlia dell’umano pur vivendo nel tessuto del disumano. Questi figli “ di un dio minore” che vivono reietti nel loro mondo di immagini arcaiche, di flagelli e punizioni, attivando la violenza urlano disperati tutta la fragilità umana che come società dobbiamo essere in grado di elaborare, curare, accettare.

La psicologia dinanzi all’orrore non può sconfinare nella problematica morale, può aiutare l’uomo solo non assolvendolo in tutto e riconoscendogli zone occulte. Siamo fatti di ombra e luce e “solo nel buio e nella luce, nella loro coesistenza e nel loro fondersi, è rintracciabile la penombra della verità e della vita”.