Politica

Regione Sicilia, bloccato sbarramento antimafia sulle nomine dei manager

La proposta di Lillo Speziale, presidente dell’Antimafia regionale è stata respinta a scrutinio segreto (39 voti contro 32). Il vice di Speziale ha promesso che si impegnerà a presentare una legge-voto per far disciplinare la materia dal Parlamento nazionale, che a suo giudizio, è titolare di tale materia

 Era un timido ma importante segnale, poteva marcare un’inversione di tendenza in una Sicilia sull’orlo del default, prigioniera dei tatticismi di Raffaele Lombardo duramente contrastati dal tandem Lo Bello (Confindustria) – Monti: ma quell’emendamento di Lillo Speziale, presidente dell’Antimafia regionale, che lasciava fuori dalle stanze del sottogoverno regionale mafiosi, corruttori e pregiudicati di vario tipo non è piaciuto a 39 deputati siciliani che lo hanno bocciato a scrutinio segreto (contro 32 voti a favore) senza metterci la faccia e accorciando ancora di più le distanze dell’isola dalle sponde africane.

La Sicilia dell’eterno paradosso commemora così nel modo peggiore il ventennale delle stragi lasciando che i condannati per mafia o corruzione, o semplicemente rinviati a giudizio, continuino a essere nominati al vertice, tra i consulenti o negli organigramma di Regione, comuni, province e aziende sanitarie e ospedaliere, in enti sottoposti a tutela o controllo da parte della Regione, in società controllate o partecipate. Nomine (tutte) bloccate dal momento del via alla campagna elettorale, visto che la legge per contrastare la bulimia da incarichi di Lombardo è passata, ma senza lo sbarramento antimafia: nelle scelte di amministratori, consulenti, esperti e via “nominando”, la fedina penale continuerà a non contare nulla. E pregiudicati, condannati e rinviati a giudizio continueranno a offrire i loro servizi alla pubblica amministrazione siciliana in cambio di robuste remunerazioni.

Per Lillo Speziale “era un’occasione per fare del bene alla Sicilia ed è stata buttata al vento: una brutta pagina per il parlamento regionale”. Concorda Pino Apprendi (Pd): “Sarebbe stato un atto di stima al lavoro che quotidianamente fa la magistratura per smantellare le relazioni fra mafia e politica. Mi riferisco soprattutto a chi non ha manifestato il proprio pensiero nascondendosi dietro il voto segreto e questo, un giorno dopo l’anniversario del ventennale delle stragi non ci fa onore”. Si stava per votare, infatti, in modo palese l’emendamento che aveva messo per un istante d’accordo le due anime del Pd (tra i firmatari anche il segretario Lupo, contro ogni accordo con Lombardo, e Antonello Cracolici, ancora fan convinto del governatore) quando otto deputati di vari schieramenti hanno chiesto (e ottenuto) il voto segreto. Tra loro il vice presidente dell’Antimafia Rudy Maira (Pid), indagato a Caltanissetta in un’inchiesta su appalti pilotati, che ha sostenuto addirittura l’incostituzionalità della norma, “che ha il solo scopo – ha detto Maira – di guadagnarsi qualche pagina di giornale. E magari fare additare chi non è d’accordo come componente di una ‘casta’, specie in questo periodo di grande diffidenza per la politica”.

Il vice di Speziale ha promesso che si impegnerà a presentare una legge-voto per far disciplinare la materia dal Parlamento nazionale, che, a suo giudizio, è titolare di tale materia. Oltre Maira, tra i sostenitori convinti del voto segreto c’è Riccardo Minardo (Mpa), arrestato e poi scarcerato per associazione per delinquere , truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato. E poi Salvino Caputo e Fabio Mancuso (Pdl), il primo condannato in appello ad un anno e cinque mesi di carcere per tentato abuso di ufficio, il secondo arrestato su ordinedel gip di Roma per associazione per delinquere, finanziamento illecito ai partiti e bancarotta fraudolenta. 

E inoltre Giovanni Greco (Mps), sponsorizzato dall’ex pm antimafia (oggi assessore alla Sanità) Massimo Russo, abituato a chiudere i suoi interventi con un colorito: “Non v’è piaciuto il mio discorso? E io mi ‘nni futtu (me ne frego, ndr)”. E infine Innocenzo Leontini (Pdl), pronto a replicare alle parole dure del procuratore aggiunto Antonio Ingroia, pronunciate qualche mese fa a Marsala: “Il Parlamento siciliano – disse il pm – è lo specchio fedele di una società e di una classe dirigente profondamente inquinata, soprattutto ai piani alti, dalle collusioni con il sistema mafioso. Purtroppo non è una novità, né una sorpresa”. In quell’occasione Leontini replico’: “O si è trattata di un’affermazione che è andata al di là delle intenzioni, o dobbiamo forse anche investire la Commissione antimafia per fare luce su quanto detto da Ingroia”. Si attende ancora la convocazione.

da Il Fatto Quotidiano del 21 luglio 2012