Tra le righe delle bollette dell’acqua di Roma si nasconde un aumento a tre cifre, una sorta di finanziamento agevolato che la società Acea Ato 2 sta chiedendo, fin dal 2010, ai condomini della capitale. Si tratta del “deposito cauzionale”, ovvero la caparra versata all’inizio del contratto che va a garantire il gestore partecipato per il 51% dal Comune di Roma – e per un 14% dal costruttore romano Caltagirone – rispetto ad eventuali fatture non pagate. Una cifra che dal terzo bimestre del 2010 è aumentata anche di 40 volte, grazie ad una clausola poco conosciuta del contratto di servizio. Una somma che complessivamente potrebbe superare i 30 milioni di euro, come si può desumere dal bilancio consolidato del gruppo per il 2011. Soldi destinati alla restituzione in tempi remoti, visto che sono vincolati ai contratti per la fornitura di acqua potabile, con interessi irrisori (il solo tasso legale). Così ora è stato presentato un ricorso all’antitrust per pratica scorretta.

La maggior parte delle utenze idriche romane sono raggruppate in forniture condominiali, con allacci che risalgono anche a decine di anni fa, quando Acea era ancora una municipalizzata interamente pubblica, prima della privatizzazione voluta da Francesco Rutelli alla fine degli anni Novanta. Al momento della firma dei contratti gli amministratori di condominio versarono la quota di cauzione, pari a poche decine di euro per ogni appartamento, come prevedevano le norme comunali dell’epoca. Le casse del gestore erano in fondo garantite dallo stesso servizio di acqua potabile, sicuramente indispensabile, e il potere di Acea di staccare l’acqua a chi non riesce a pagare rende di fatto la caparra poco più di una formalità. Da allora la tariffa dell’acqua a Roma è aumentata, e di molto. Se negli anni Novanta si pagava poco meno di 7 centesimi a metro cubo per il primo scaglione, oggi la tariffa supera i 15 centesimi. E qui è scattata la “trappola”: il regolamento idrico approvato dopo la privatizzazione prevede l’incremento automatico del deposito cauzionale quando la tariffa sia aumentata di almeno il doppio.

La conseguenza è visibile nelle bollette, alla voce “Altri addebiti”. In un condominio di 25 appartamenti in via delle Montagne rocciose, ad esempio, la voce “anticipi da utenti” è passata da 37,80 euro a 1.473,34 euro. In altro casi l’aumento è stato inferiore, ma sempre a due cifre: in via Campo Marzio – 36 appartamenti – la cauzione è salita dagli iniziali 485 euro a 1071 euro, con un raddoppio secco.

L’operazione ha portato ad un incremento delle entrate di 34 milioni di euro – bilancio 2011 – per Acea, come si legge nella presentazione dei conti disponibile sul sito istituzionale. Un aumento, questo, contestato formalmente dalle associazioni Casaconsum e Arpe, che hanno presentato nei mesi scorsi un ricorso all’Antitrust, per pratica commerciale scorretta. “Nei casi che abbiamo analizzato – spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Maria Letizia Magno – abbiamo riscontrato che l’aumento della cauzione è stato applicato anche per contratti firmati prima dell’approvazione del regolamento d’utenza, dove viene previsto l’automatismo dell’incremento applicato da Acea. E il gestore non ha mai fatto firmare le nuove norme contrattuali”.

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