Nell'interrogatorio si è approfondita l'accordo raggiunto tra il gruppo assicurativo e la compagnia bolognese. Intanto il gruppo assicurativo si trova senza consiglio di amministrazione dopo le ennesime dimissioni in massa. Il patron della Permafin è indagato anche per aggiotaggio e ostacolo all'attività di vigilanza della Consob
Salvatore Ligresti, azionista di maggioranza del gruppo Permafin, indagato per aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza della Consob nell’inchiesta sulla holding omonima (con Giancarlo De Filippo) è stato interrogato con la figlia Jonella (vice presidente di Fonsai) per diverse ore dal pubblico ministero milanese Luigi Orsi. Il colloquio è avvenuto giovedì scorso, ma è trapelato solo ora e le conseguenze non si sono fatte aspettare: il consiglio di amministrazione della Fonsai è decaduto dopo le dimissioni di 8 componenti. Hanno comunicato di aver lasciato il cda il presidente Cosimo Rucellai, l’amministratore delegato Emanuele Erbetta i consiglieri Nicolò Dubini, Vincenzo La Russa, Valentina Marocco, Enzo Mei, Giorgio Oldoini e Antonio Talarico. Tenuto conto delle precedenti dimissioni di Andrea Broggini, Maurizio Comoli, Graziano Visentin, Roberto Cappelli, Ranieri de Marchis e Salvatore Militello, le dimissioni di cui sopra hanno determinato il venir meno della maggioranza degli amministratori nominati dall’assemblea.
Secondo gli inquirenti Ligresti avrebbe “manipolato” il titolo Premafin grazie alle partecipazioni detenute da enti controllati da due società fiduciarie con sede alle Bahamas. In sostanza, le due fiduciarie, riconducibili per l’accusa a Ligresti, avrebbero acquistato le azioni Premafin per sostenere il titolo in Borsa. Ad “aprire le porte” per gli altri reati di natura fallimentare invece è il crac di Sinergia e Imco, provocato proprio da una richiesta del magistrato. La Procura di Milano ha puntato negli ultimi tempi sull’operazione tra Unipol e Fonsai. L’ultimo interrogatorio di Ligresti si è concentrato sull’accordo raggiunto tra il gruppo assicurativo e la compagnia bolognese. Il pm Orsi ha chiesto precisazioni riguardo all’operazione che, dopo cinque mesi di trattativa, ha portato alla cosiddetta “Grande Unipol”. Quindi nell’ultimo faccia a faccia con l’imprenditore non vi sarebbero state domande né sui trust off-shore, né sul fallimento delle holding Imco e Sinergia.
L’assemblea di Permafin dello scorso 12 giugno, quella che ha dato via libera all’aumento riservato a Unipol, non è stata una passeggiata: Paolo e Jonella Ligresti, la cui presenza in assemblea era indispensabile per approvare l’operazione con il gruppo bolognese, si sono presentati solo dopo alcune ore, in un clima di grande tensione, e pur votando a favore di Unipol hanno invitato il Cda a impegnarsi per trovare offerte migliorative rispetto a quella di Bologna. Paolo Ligresti ha pesantemente attaccato anche Mediobanca e Unicredit, le banche che hanno sponsorizzato l’operazione con Unipol, accusandole di averlo costretto al sì a Bologna dietro la minaccia di procede per via legale per il pegno sulla quota di Premafin in Fonsai, causando così il default della holding. Il magistrato Orsi ha condiviso l’iniziativa del custode giudiziale che ha chiesto a Premafin di bloccare l’aumento riservato a Unipol fino a una nuova deliberazione dell’assemblea che permettesse di valutare anche l’offerta alternativa dei fondi Sator e Palladio. Un’iniziativa che però non è stata accolta da Premafin che, la scorsa settimana, ha eseguito la ricapitalizzazione.