Il 13 ottobre 2003 il settimanale di Amburgo Der Spiegel usciva con una copertina rosso fuoco e con un titolo facilmente comprensibile: “Reformen”. In Germania, per utilizzare una frase cara al TG1, “al centro del dibattito politico” c’era una delle riforme di Peter Hartz, la più famosa, la Hartz IV. La riforma firmata dal capo del personale della Volkswagen semplificava e, in molti casi, riduceva i sussidi ai disoccupati spaccando a sinistra il partito del Cancelliere Schroeder. La controversa Hartz IV veniva approvata dal Bundestag il 16 Dicembre 2003 proprio mentre da noi ben altro argomento campeggiava sulle prime pagine di tutti i giornali.
Mentre i tedeschi cercavano di attrezzarsi per il futuro, in Italia si discuteva di Sic (il sistema integrato delle comunicazioni), di digitale terrestre e, soprattutto, si dibatteva sulla costituzionalità della legge Gasparri. La Hartz IV veniva approvata a sole 24 ore dal rinvio di Ciampi alle Camere del capolavoro del ministro delle Comunicazioni. La decisione del Presidente della Repubblica avrebbe costretto il partito-azienda a varare qualche giorno dopo un decreto ad aziendam, il decreto salva-Rete 4 e punisci-Europa 7. La lettura dei giornali del periodo è uno spasso. Chi si opponeva alla Gasparri, secondo la vulgata berlusconiana, non capiva le grandi novità del digitale, una legge invidiata, “contestata in Italia ma imitata in Europa” affermava Tino Oldani in “Attacco al digitale” (Panorama, 26 Settembre 2003) mentre Augusto Minzolini su La Stampa del 16 dicembre 2003 ci descriveva un Cavaliere “andato su tutte le furie”. Il Berlusconi furioso aveva subito convocato una riunione di emergenza nell’ufficio del Presidente della Camera Casini (più tardi baciato sulla guancia) alla presenza di un vero e proprio think tank: Letta, Follini, Fini e Gasparri. Casini assicurava il Capo: “Se temi un oscuramento di Rete 4 non ti preoccupare. Possiamo trovare il modo di approvare un decreto per evitare questo problema”.
Infatti il decreto arrivò 8 giorni dopo, mentre tutti i giornalisti-dipendenti ripetevano a reti, a giornali e a riviste unificate che la Gasparri avrebbe portato alla scomparsa del duopolio, a una proliferazione delle voci e avrebbe consentito il passaggio al meraviglioso e progressivo mondo delle scatolette di Gasparri entro e non oltre il 31 dicembre 2006.
A distanza di quasi 9 anni sappiamo che si trattava di una serie colossale di balle volte a proteggere gli interessi di un’azienda e, soprattutto, sappiamo come è finita: spread a 500 punti, il debito a 1.966 miliardi di euro, un Paese senza crescita, con una generazione di giovani laureati in fuga e numeri sulla corruzione, evasione e tassazione da record mondiale.
Se Berlusconi, Fini, Casini e Follini si fossero occupati dei problemi dell’Italia si sarebbe arrivati al default? Se il centro-sinistra avesse fatto una seria legge antitrust sarebbe successo quello che è successo?
Quando oggi vi raccontano che è tutta colpa dell’Euro mentono di nuovo, come e peggio di prima. Spudoratamente.