Il presidente degli Stati Uniti interviene sulle dichiarazioni del regime di Damasco che per la prima volta ha affermato di esserne in possesso e disposto a utilizzarle. Il portavoce del ministero degli Esteri siriano: "Non saranno usate contro civili innocenti"
L’uso delle armi chimiche sarebbe un “tragico errore” di cui la Siria sarebbe ritenuta responsabile. Barack Obama, nel corso di un incontro con i veterani a Reno in Nevada, replica al regime di Damasco che per la prima volta si è detto in possesso di armi chimiche e pronto ad usarle. Le dichiarazioni del presidente Usa seguono quanto affermato dal portavoce della Casa Bianca Jay Carney, secondo cui i giorni di Assad sono contati e serve una transizione. “Siamo preoccupati delle armi chimiche in Siria ma riteniamo sia sotto il controllo del governo siriano” ha aggiunto Carney, precisando che la responsabilità delle armi è del governo siriano e saranno ritenuti colpevoli se le armi finiranno fuori dal loro controllo.
Il portavoce ha inoltre ribadito la ferma condanna di Washington agli attentati in Iraq, aggiungendo che Obama non era d’accordo con chi riteneva che gli Stati Uniti dovessero rimanere a Baghdad altri dieci anni. In campagna elettorale in vista delle prossime presidenziali, Obama ha inoltre messo in evidenza di aver mantenuto le promesse fatte nel 2008 in politica estera, citando la fine della guerra in Iraq, il raid del 2011 in cui è rimasto ucciso Osama Bin Laden e i piani di ritiro dall’Afghanistan. Infatti entro la fine dell’estate oltre 35.000 truppe saranno rientrate e che la transizione sarà completata nel 2014.
A sollevare la preoccupazione degli Stati Uniti è stato lo stesso regime di Damasco che per la prima volta ha dichiarato di esserne in possesso di armi chimiche e di farne uso, qualora si presenti la necessità. “La Siria ricorrerà alle armi chimiche solo in caso di aggressione esterna. Queste armi non saranno usate all’interno del Paese contro civili innocenti”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri siriano Jihad Maqdisi rispondendo a chi – come Israele, Stati Uniti e Francia – teme che gli arsenali proibiti possano cadere in mani sbagliate. “I depositi sono sotto il controllo dell’esercito”, ha assicurato, senza però ricordare che la coesione delle forze governative di Damasco viene erosa ogni giorno di più da defezioni e da perdite umane inflitte dai ribelli nei teatri della guerra in corso. Le cancellerie occidentali che da giorni – sull’onda delle notizie degli scontri nel cuore di Damasco – tracciano scenari di imminente caduta del regime di Assad sono tornate a sollevare con forza il dossier delle armi proibite in possesso delle autorità siriane, condannando la minaccia di usarle. Una minaccia “inaccettabile”, ha detto il ministro britannico William Hague. “Mostruosa”, ha rincarato il suo collega tedesco Guido Westerwelle, calata in una situazione che rasenta la “pulizia etnica” secondo il ministro degli Esteri Giulio Terzi. Mentre secondo il Pentagono il regime siriano “non dovrebbe pensare neanche un secondo di fare uso” di quelle armi. L’unica a gettare acqua sul fuoco è stata l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, Catherine Ashton, affermando che “non c’è motivo di preoccupazione immediata”. Intanto proseguono gli scontri in tutto il paese e l’esercito ha fucilato 20 ribelli disarmati, che si sommano, secondo fonti dell’opposizione, ad altre 50 vittime.