E il ministro Giarda al presidente della Provincia di Torino: "Ho cercato invano di far cambiare quella norma. E’ contraria a tutto quello che ho sempre pensato in materia di finanza locale. Speriamo che il Senato sia più saggio del governo". L'Upi minaccia sfrattare le amministrazioni statali - questure, prefetture, sedi di carabinieri - che non pagano l'affitto
Con i tagli previsti dalla spending review “non siamo nelle condizioni di poter assicurare l’apertura dell’anno scolastico”. E’ il presidente dell’Upi (Unione delle Province d’Italia), Giuseppe Castiglione a lanciare l’allarme: “La metà delle province andrà in dissesto”. “Anche questa manovra – ha osservato Castiglione – si risolverà con un voto di fiducia, ma vogliamo comunque partecipare al dibattito partendo dal tema cruciale del taglio alle Province. Cinquecento milioni di euro per il 2012 è un taglio incongruo significa tagli ai servizi essenziali, al trasporto locale, alla formazione, alla manutenzione delle scuole. Con il taglio di 500 milioni di euro per il 2012 e di 1 miliardo di euro per il 2013 non siamo nelle condizioni di assicurare l’apertura dell’anno scolastico”
“Ho cercato invano di far cambiare quella norma. E’ contraria a tutto quello che ho sempre pensato in materia di finanza locale. Speriamo che il Senato sia più saggio del governo”. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda ha risposto così al presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta sul calcolo dei consumi intermedi delle province e dunque sui tagli previsti nella spending review. E’ stato lo stesso Saitta a rendere nota nel corso della conferenza stampa che si è svolta all’Upi sulle misure varate dal governo, la risposta di Giarda, al quale il presidente della Provincia di Torino si era rivolto per esprimere la necessità di rivedere la norma della spending review che opera un taglio di 500 milioni di euro per il 2012 e di 1 miliardo di euro per il 2013 sulle Province perché considera consumi intermedi anche risorse che, secondo l’Upi, sono in realtà voci di bilancio per garantire i servizi.
Per Castiglione, inoltre, il commissario del governo per i tagli alla spesa, Enrico Bondi, “ha fatto un errore grossolano in quanto ha considerato nei consumi intermedi, che vanno eliminati, alcuni servizi essenziali che le province gestiscono per conto delle regioni, che vanno dalla manutenzione degli edifici scolastici ai trasporti pubblici locali alla formazione professionale”. Il decreto sulla spending review, ha poi sottolineato Castiglione, “opera un taglio di 500 milioni di euro per il 2012 e 1 miliardo per il 2013, per quanto concerne le province, perché considera come consumi intermedi un totale di 3,7 miliardi. In realtà – ha continuato Castiglione – questa cifra considera voci di bilancio delle province che non sono consumi intermedi ma servizi. Vi è, quindi, un errore nei parametri. Le province dovrebbero operare tagli pari a 176 milioni quest’anno, anziché 500 milioni, e a 352 milioni l’anno prossimo, anziché 1 miliardo”. Castiglione ha infine avvertito che “se il testo non cambiasse, nonostante i numerosi emendamenti delle varie forze politiche che hanno recepito le nostre richieste, dovremo andare dal ministro Profumo a dire che non abbiamo le risorse per gli edifici scolastici”.
Intanto per la prima volta le Province del Nord si sono riunite oggi a Verona per elaborare una strategia di protesta e avviare una discussione sulle nuove disposizioni del governo che riguardano l’accorpamento delle Province. Una riunione fiume, con oltre una ventina di presidenti delle Province di Veneto, Lombardia e Piemonte, alla presenza dei coordinatori Massimo Nobili per Piemonte, Massimo Sertori per Lombardia, Leonardo Muraro per Veneto. L’assemblea sta elaborando un documento che sarà votato e portato all’Upi nazionale, l’Unione delle Province italiane, e presentato all’attenzione di governo e Parlamento. Le province tuonano contro la spending review e denunciano i tagli lineari che “penalizzano gli enti virtuosi e premiano quelli che non hanno mai pensato a risparmiare”. “Si toccano le province elette democraticamente – si legge nel documento – e non la miriade di enti intermedi che rappresentano le stanze segrete della politica”. E la protesta monta con la proposta di rivedere i criteri del patto di stabilità e, addirittura, la proposta di sfrattare le amministrazioni statali – questure, prefetture, sedi di carabinieri ecc. – che non pagano l’affitto alle Province. Si chiede inoltre di modificare le norme per l’elezione di presidenti e consiglieri delle Province, passando all’elezione diretta. Critiche anche all’istituzione delle città metropolitane pensate solo per “sopprimere le Province”.