A Bologna un'ora dopo la spaccatura nella maggioranza di centrosinistra, il Comitato dei Garanti ha approvato il quesito contrario al provvedimento votato da democratici, Lega e berlusconiani. Sel e 5 Stelle pronti a raccogliere le firme e votare sì. L'inedita alleanza destra/sinistra compatta a difesa del milione di euro di finanziamenti a nidi e materne paritarie
Un referendum quindi che sta già costringendo, tutte le forze politiche a schierarsi apertamente. A cominciare dal Pd, che dopo aver fatto passare il proprio provvedimento con i voti del centro destra (Sel si è invece astenuta) ha fatto subito sapere di non apprezzare per nulla la decisione dei garanti. “Porre come fa il referendum una scelta tra dare i soldi o pubblico o al privato significa disconoscere la legge dello stato – ha dichiarato l’assessore Pillati – Questo referendum è ideologico. La vera democrazia non ha prezzo, il costo di questa consultazione sarà invece di mezzo milione di euro”.
Rilancia il segretario provinciale Raffaele Donini: “Al Pd tocca il governo responsabile, altri hanno forse più spazio per fare ginnastica ideologica, magari anche facendo un po’ campagna elettorale. Se poi il Pdl vuole votare provvedimenti riformisti come il nostro sul finanziamento alle scuole private tanto meglio. Tutti devono ricordarsi che a Bologna governiamo noi, e che la città ha il 60% di scuole materne d’infanzia gestite dal Comune, il resto della Regione tre volte meno”. Scontato con dichiarazioni del genere il “no” del partito a raccogliere firme per un referendum che cozza contro una linea più e più volte dichiarata: la gestione pubblica di una rete di scuole statali, comunali e private convenzionate.
Col Pd, e qui la “strana” alleanza a distanza si ripresenta, sia la Curia di Bologna, che ha definito il referendum “ideologico”, sia il Pdl, che ovviamente è contrario a spostare soldi dalle private paritarie alle scuole pubbliche. “Ammettere quel referendum è stato demenziale – spiega Valentina Castaldini – È per giunta anche anticostituzionale. Mi meraviglio dell’incompetenza dei garanti”.
Anche Sinistra Ecologia e Libertà ha già deciso: “Raccoglieremo le firme necessarie”, spiega il coordinatore del partito Luca Basile. “Il dato politico non è una possibile crisi formale di maggioranza, che non vogliamo e non ci interessa – spiega Cathy La Torre, capogruppo di Sel in Comune – quanto piuttosto la creazione di una nuova e temporanea maggioranza in Consiglio comunale per fare passare la convenzione sulle scuole private. Quasi una riedizione di un governo Monti a Bologna. E anche qui il Pd ha preso le distanza da Sel avvicinandosi al Pdl”. Conclusione di Cathy La Torre: “Questa situazione avrà i suoi strascichi”.
Sulla questione i più duri di tutti sono i consiglieri del Movimento 5 Stelle, unici ad avere votato “no” alla nuova convenzione che per i prossimi 4 anni finanzierà le scuole private paritarie bolognesi attraverso una serie di incentivi e disincentivi economici. “Raccoglieremo le firme per il referendum? Dobbiamo decidere tutti insieme a livello di movimento. Quello che posso dire personalmente – spiega il consigliere comunale Massimo Bugani – è che mi ci impegnerei volentieri”. Gli fa eco il collega Marco Piazza: “Non possiamo che essere favorevoli a una consultazione democratica. Poi il quesito referendario è molto secco e potrebbe essere problematico. La giunta si era impegnata a coinvolgere la cittadinanza, questo non è successo e ora il referendum sarà un passaggio obbligato, compreso spese evitabili discutendo prima con tutti”. Identica la posizione di Federica Salsi: “Chiedere direttamente ai cittadini è sempre la cosa migliore”.
Lo scontro è tutto sui dati. Il Pd fa presente come Bologna abbia da sempre una percentuale di scuole comunali tre volte superiore a quella regionale, e come togliere un milione di euro di contributi alle private paritarie darebbe una classe (pubblica) a solo 175 bambini, contro i 1737 attualmente ospitati nelle private convenzionate. “Tutto giusto – spiega Bugani – si scordano però di dire che la differenza in termini di soldi ce la mettono le famiglie che spendono ogni mese 300 euro o più per pagare la retta dei figli. Non sono certo le scuole private che per magia costano 10 volte meno di quelle pubbliche. Poi sia chiaro, il referendum è solo consultivo, darà un indirizzo politico”. Dal canto loro i democratici ribattono: “Le leggi nazionali impediscono l’assunzione di insegnanti. Con un milione di euro in mano non ci potremmo fare nulla”. A metà del guado Sel. “Bisogna trovare un meccanismo alternativo al finanziamento alle scuole private – spiega La Torre – vista la situazione nazionale attualmente non sembrano esserci possibilità”.