Doveva essere il tramite tra la ‘ndrangheta e il senatore Marcello Dell’Utri. Faccendiere di professione, persona dai mille volti, Aldo Miccichè è stato arrestato ieri mattina a Caracas, in Venezuela, dove lo ha raggiunto il mandato di cattura internazionale spiccato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta “Cento anni di storia” contro la cosca Piromalli. Latitante da almeno 4 anni, il faccendiere nei giorni scorsi è stato condannato a 11 anni di carcere.
Il suo nome era comparso nelle carte del sostituto procuratore Roberto Di Palma. Sulle tracce di un emissario dei Piromalli, Gioacchino Arcidiaco, gli investigatori si erano imbattuti nel personaggio che doveva aprire alla ‘ndrangheta la porta della politica che conta, quella di Forza Italia attraverso Marcello Dell’Utri, che non risulta iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Reggio. È con il fedelissimo di Berlusconi che l’esponente mafioso di Gioia Tauro si sarebbe dovuto incontrare a Milano dopo essere stato istruito da Miccichè. “La Piana è cosa nostra… – il faccendiere spiegava ad Arcidiaco cosa dire a Dell’Utri – Fagli capire che il porto di Gioia Tauro lo abbiamo fatto noi… fagli capire che in Aspromonte e tutto quello che succede là sopra è successo tramite noi. Fagli capire che in Calabria o si muove sulla jonica o si muove sulla tirrenica o si muove al centro ha sempre bisogno di noi”.
Stando all’inchiesta della Distrettuale di Reggio, la ‘ndrangheta avrebbe offerto di procurare circa 50mila voti truccando le schede bianche degli elettori italiani all’estero. La contropartita sarebbe stata un versamento di 200mila euro, le pretese dei Piromalli circa i benefici sull’applicazione del 41 bis ai boss detenuti e la revisione di alcuni processi.
Le elezioni politiche del 2008 stavano andando male per il centrodestra. Ed ecco che, anche in quell’occasione, Aldo Micciche’ aveva la soluzione in mano: fare un rogo con le schede elettorali degli italiani residenti in Venezuela.
“Stiamo perdendo, le ho bruciate tutte” è il contenuto della telefonata tra il faccendiere calabrese e il suo interlocutore italiano, Filippo Fani, dirigente del Pdl e stretto collaboratore di Barbara Contini, all’epoca capolista a Napoli dei berluscones. Miccichè era preoccupato per il partito: “Ti dico delle cose molto riservate. Mi sono trovato questa notte a dover, non avevo vie d’uscita, perché non me li potevano consegnare… di distruggerle, chiaro o no?… A Barbara questa notizia devi dargliela in via segretissima, che viene dai servizi di sicurezza”.
“Ciao Marcello, sono Aldo, Aldo Miccichè. Posso darti una mano qui in Sudamerica?”. Le indagini si sono intrecciate con i fascicoli di altre procure che hanno registrato alcune telefonate tra il senatore e il faccendiere, un calabrese di Maropati ex dirigente della Democrazia cristiana (è stato segretario provinciale a Reggio negli anni ’80) oggi diventato un imprenditore del petrolio in Venezuela dove è al centro di operazioni finanziarie assieme al figlio di Dell’Utri. Giornalista e sedicente deputato (così si faceva chiamare anche se non è mai stato eletto al Parlamento, ndr), Miccichè è rimasto coinvolto in numerose inchieste: da quella sulla vendita di centinaia di case prefabbricate destinate ai terremotati dell’Irpinia a quella per un finanziamento di 800 milioni di lire ottenuto da una banca svizzera con una documentazione falsa. Sarebbe stato, inoltre, in contatto anche con la banda della Magliana. È intervenuto, infatti, in favore di un detenuto del gruppo criminale romano in cambio di 25 milioni di lire. Rapporti, questi, emersi nell’ambito del processo per l’omicidio di Mino Pecorelli durante il quale un pentito, Maurizio Abbatino, aveva riferito circa il tentativo di aggiustare la posizione processuale di uno degli imputati.
Ritornando al suo arresto, i magistrati reggini non vedono l’ora di poterlo interrogare e chiedergli degli intrecci tra la ‘ndrangheta e la politica. Il nome di Dell’Utri non è l’unico finito nelle carte della Dda. I Piromalli avrebbero tentato, senza riuscirci, di “avvicinare” anche l’entourage dell’ex ministro Clemente Mastella. “Aspettiamo che Miccichè rientri in Italia”, è l’unico commento rubato in Procura: “Fino a quel momento non dimentichiamo che è sempre un personaggio camaleontico”.