“La popolazione è comunque sempre coinvolta nelle situazioni di crisi, sia emotivamente, sia fisicamente. Se la sua controparte istituzionale sarà sufficientemente autorevole e determinata, la maggior parte dei cittadini sarà disponibile ad abdicare alle proprie autonomie decisionali, a sottoporsi a privazioni e limitazioni, ad ubbidire alle direttive impartite.”
La voce di Alberto Puliafito legge stralci del metodo Augustus, divulgato dalla Protezione Civile come approccio alla pianificazione delle emergenze. Nel suo Comando e Controllo (iK produzioni), il giornalista e regista torinese non si limita ad analizzare soltanto la situazione aquilana (come, con taglio satirico, è stato proposto da Sabina Guzzanti con Draquila), ma si spinge ben oltre: come un intellettuale di pasoliniana definizione, Puliafito “coordina fatti anche lontani, mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.
Mentre si focalizza sull’esperienza del terremoto aquilano, sta in realtà allargando il campo su una questione ben più vasta, con tagli desolati su una realtà svuotata della vita dei suoi abitanti e con montaggi veloci delle voci vigili di chi, L’Aquila e i propri diritti di cittadino, non li vuole certo abbandonare per un perenne governo autoritario dell’emergenza, ispirato alla shock economy neoliberista.
Comando e Controllo non è solo il titolo di un film, ma è la denominazione di uno dei dipartimenti della Protezione Civile, che, agendo in deroga alle leggi, ha contribuito a generare, nelle zone in cui è stato chiamato ad operare, una situazione di sospensione delle tutele democratiche sancite della Repubblica Italiana.
A L’Aquila infatti, applicando l’abusato “divide et impera”, gli sfollati sono stati dislocati, chi nelle tendopoli, chi negli alberghi sulla costa, chi (più tardi) nelle new town, causandone, con il disgregamento della comunità e i pubblicizzati comfort turistici, la dipendenza dall’assistenzialismo nel quale sono stati rintanati, e riportandoli a quello stato di minorità che rende i cittadini sudditi consenzienti.
“Siamo in pochi ad aver capito” conclude amareggiata Anna Pacifica Colasacco, blogger aquilana: la maggior parte degli sfollati è stata illusa e truffata dalla propaganda della rinascita, che ha invece ucciso L’Aquila, il suo paesaggio, occupato dalle nuove C.A.S.E., la sua cittadinanza, persa nel bisogno individuale di assistenza, il suo centro storico, ormai rinchiuso nella perenne zona rossa.
P.S. In attesa che qualche network nazionale se ne accorga, è possibile acquistare il film qui.