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In occasione del live del 19 luglio tenutosi a Torino, gli Afterhours hanno deciso di ridurre il prezzo del biglietto del concerto, passato così da venti a tredici euro. Lo scopo è nobile, oltre ad andare incontro al pubblico, vuole mostrare un segno tangibile a sostegno della musica live.

Lode dunque agli Afterhours, i quali – senza mezzi termini – hanno indicato la rotta da seguire. Poco importa sapere che l’improvviso abbassamento del prezzo corrisponde anche all’ingente mancanza di pubblico di alcune date precedenti, il dado è tratto è da qui non si torna indietro. 

Sarà sufficiente per cambiare il corso delle cose? Quali e quanti gruppi prenderanno ad esempio le gesta di Manuel Agnelli e soci? Va detto che non tutto dipende dagli artisti: le agenzie che ne curano gli interessi, in primis, dovrebbero fare “mea culpa”, riformulando gli standard dei costi, rivedendo cachet e provvigioni. Abbassare i prezzi dei biglietti significa restituire speranza a tutto l’ambiente, fornendo al pubblico la possibilità di tornare a riempire i locali. Soltanto così la scena musicale potrà reinventarsi.

Un bel gesto si diceva, Manuel Agnelli non è certo nuovo a proposte  che, oltre a far discutere, a conti fatti pagano. Gli Afterhours – facendo le debite proporzioni – possono fregiarsi del diritto di essere definiti i Radiohead italiani (o se preferite de noantri), non tanto in termini musicali – le differenze stilistiche sono sotto gli occhi di tutti – ma per come hanno saputo gestire la propria carriera, fino ad ora.

Come i Radiohead appunto. Se nel 2007 Yorke e soci sfioravano il collasso facendo carta straccia del contratto con Emi, gli After l’anno successivo ne emulavano le gesta sciogliendo il proprio con Universal. Entrambi i gruppi rivendicano quella libertà artistica che nessuna casa discografica può garantire: l’accorpamento ad etichette indipendenti avviene soltanto per marketing e per la successiva distribuzione dei dischi. Da considerare inoltre l’impegno sociopolitico che storicamente affianca l’attività  delle due formazioni. 

Come i Radiohead, il gruppo meneghino, ha saputo fare della rete il proprio nucleo pulsante, da cui scaturiscono azioni in grado di mutare il corso degli eventi: la volontà precisa di tornare ad incidere in maniera indipendente è semplicemente il primo tassello della rinascita. Che dire del Fan club? Le diverse iniziative ad esso collegate rivoluzionano il rapporto con i fans: “le fantomatiche tessere” non solo determinano un nuovo modo di vivere la band ma alimentano in termini economici le numerose attività, incluso il parziale sostentamento dei costi di produzione di Padania, l’ultimo album.

Operazioni se vogliamo discutibili al contempo vincenti, tenendo oltremodo in considerazione che “lo zoccolo duro di affiliati”, è divenuto ai giorni nostri sempre più numeroso.

La coerenza musicale – come al gruppo di Thom Yorke – non difetta nemmeno in casa Afterhours; seppur distanti dai capolavori passati, gli ultimi due dischi mantengono inalterata la precisa volontà di spostare gli specifici orizzonti. Se il sound de I Milanesi Ammazzano il Sabato pare scontare tempistiche e modalità major-dipendenti, Padania rifugge ogni compromesso. Gli After concepiscono il loro Kid A discostandosi da quanto fatto in precedenza, pur mantenendo vigile la propria memoria.

Non tutto è oro quello che luccica. Il live di Torino ha evidenziato che le canzoni di Padania non sono ancora state pienamente metabolizzate né dal gruppo né dal pubblico: la scaletta “a singhiozzo” anziché rassicurare evidenzia una certa discrepanza tra presente e passato; il gruppo non ha ancora trovato il giusto collante per unire vecchio e nuovo corso, inoltre il canto di Manuel pare soffrire i picchi improvvisi ai quali si espone, non tanto nel realizzarli, quanto nel garantire alla voce la stabilità necessaria per reggere l’intero concerto.

Fa riflettere infine il fatto che durante l’esecuzione dei nuovi brani, i chioschi delle birre attorno al palco si siano ogni volta riempiti improvvisamente…

Per capire il valore reale di Padania, occorrerà pazienza; prevale, infatti, la sensazione che il suono corposo di alcuni passaggi dovrà essere “rivendicato”, solamente allora si potrà valutare appieno l’effettivo valore del nuovo ciclo appena inaugurato. 

I Radiohead dopo Kid A diedero un seguito a certe sonorità con lucida coerenza. Il medesimo compito attende ora il sound di Agnelli e soci. Se quanto affermato in tale spazio corrisponde a verità, sarà allora questa la sfida che il gruppo dovrà portare avanti ed eventualmente vincere nel prossimo futuro.

 

9 canzoni 9 … a singhiozzo

Lato A

Unsolved (Mistery) Misery • Jester at Work

Costruire per Distruggere • Afterhours

È Colpa Mia • Il Teatro degli Orrori

Elefante • Verdena

 

Lato B

God Hates a Coward • Tomahawk

March of the Pigs • Nine Inch Nails

This Is The New Shit • Marylin Manson

TV Sky • The Young Gods

Just One Fix • Ministry

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