Durante l'incontro con Monti, il governatore proverà a confutare le accuse. Ma il pericolo è rappresentato dai cosiddetti crediti inesigibili, ovvero le somme che ogni anno la Regione iscrive alla voce"entrate", ma che materialmente non risultano incassate
“L’incontro con Monti? Chiederò al presidente gli atti che fanno riferimento alle criticità del bilancio regionale, in modo da poterli confutare”. E’ questo il leit motiv dell’incontro tra il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo e il premier Mario Monti. Negli ultimi giorni Lombardo ha cercato in tutti i modi di smentire le ipotesi di default per l’isola, arrivando a chiedere un miliardo di euro di danni ai giornali avevano paventato la variabile Grecia per i conti della Sicilia.
Dopo l’allarme del vicepresidente di Confindustria Ivan Lo Bello, però, è ormai chiaro come i bilanci della Regione Sicilia siano ben lontani dalla tranquillità. Il nodo è rappresentato dai cosiddetti crediti inesigibili, ovvero le somme che ogni anno la Regione iscrive alla voce”entrate”, ma che materialmente non risultano incassate. Il problema è capire quando e come quelle somme entreranno davvero nelle casse della Regione. E’ forse per questo che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha sospeso il giudizio sul credito della regione siciliana, in attesa di maggiori informazioni in merito ai conti isolani. “La sospensione è motivata dall’esigenza dell’agenzia di avere il tempo necessario per valutare le informazioni comunicate dalla Ragioneria Generale” ha detto il ragioniere generale della Regione Sicilia Biagio Bossone. La difficoltà degli analisti però potrebbe essere più complessa. A cominciare per esempio dall’esatto numero dei dipendenti della Regione Sicilia, che rappresentano comunque un’uscita fissa di oltre un miliardo e mezzo di euro, nonostante siano incalcolabili in maniera definitiva tra effettivi, lavoratori socialmente utili e dipendenti delle società regionali.
Una risposta ai dubbi delle agenzie di rating potrebbe essere trovata nella relazione delle sezioni unite della Corte dei Conti sul bilancio regionale. “Il rendiconto generale relativo all’esercizio finanziario 2011 registra una situazione di notevole, preoccupante deterioramento: tutti o quasi i saldi fondamentali di bilancio presentano valori negativi. Così per il saldo netto da finanziare e per il ricorso al mercato, mentre crescono a dismisura le obbligazioni da onorare in esercizi futuri in corrispondenza con un volume di residui passivi cresciuti da 5 a 7 miliardi di euro” scriveva Rita Arrigoni, presidente delle sezioni unite della corte dei conti, il 29 giugno scorso. La relazione dei magistrati contabili è disarmante e fotografa “un debito regionale in continua crescita che ha visto recentemente attivati, fra novembre e dicembre 2011, nuovi prestiti per 818 milioni di euro, determinando una complessiva esposizione a fine anno per circa 5 miliardi, 300 milioni. Un debito destinato a salire ulteriormente”.
La situazione siciliana è resa più critica dal decreto Salva Italia, che chiede alle regioni a statuto speciale un contributo di circa 860 milioni. “In base al criterio di ripartizione prescelto – rileva la corte – la Sicilia è stata chiamata a parteciparvi per circa il 40% dell’intera somma, con un onere sulla finanza regionale di circa 310 milioni, a cui si aggiunge l’ulteriore partecipazione per 160 milioni al finanziamento della sanità, da reperire tramite l’innalzamento della aliquota base Irpef“. Una condizione di magra che ha ulteriormente messo in tensione il bilancio regionale, in cui sono previsti tagli di spesa per 1.100 milioni nel 2012 e per più 1.200 milioni nel 2013 e nel 2014.
Ad avvicinare le coste siciliane a quelle della Grecia c’è poi una bassa crescita del prodotto interno lordo rispetto alle altre zone Euro. “Il Mezzogiorno – annota la corte dei conti – resta l’area del Paese più svantaggiata, con un Pil pro-capite inferiore del 31,2% alla media UE. Soprattutto in Sicilia continuano a manifestarsi segnali di inarrestabile declino”. Il vero nodo è però la crescita della Sicilia. Che è, ovviamente, impalpabile. “L’assenza di un tessuto produttivo capace di assorbire la forza di lavoro espressa dall’isola – scrivono i magistrati contabili – mantiene alto il tasso di disoccupazione, tra i più elevati a confronto con le altre Regioni italiane, anche del Mezzogiorno, con particolare incidenza su quella giovanile”. Secondo l’Istat la disoccupazione in Sicilia si attesterebbe sul 19,5 per cento, due punti in più rispetto alla media del Sud Italia e a ben dieci lunghezze dalla media del paese. Sfiora invece il 40 per cento la disoccupazione giovanile.
A fronte della disastrosa situazione cristallizzata dalla relazione della corte dei conti, però, i bilanci regionali hanno retto. Almeno fino ad ora. Il problema è che affondano le basi sulla sabbia. Tanti granelli costituiti dai milioni di euro di crediti indisponibili già iscritti dalla regione alla voce entrate. Circa 15 miliardi di euro, di cui sette dovrebbero arrivare dai fondi europei. Il condizionale è però d’obbligo dopo che lo stop ai 600 milioni di fondi Fesr per mancanza di controllo: il timore è che Bruxelles congeli anche il resto dei fondi già anticipati da Palazzo d’Orleans.
“I residui attivi rappresentano una notevole criticità” ha ammesso pochi giorni fa Lombardo, sottolineando però che si tratta di “entrate accertate dallo Stato non riscosse”. Gli stessi termini utilizzati dallo stesso Bossone e dall’assessore al Bilancio Gaetano Armao, che hanno rilevato come entrate inscritte a bilancio per quasi sei milioni di euro non siano “direttamente amministrate dagli uffici regionali, in quanto la gestione giuridica delle medesime, per assetto statutario, è svolta dagli uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria statale operanti in Sicilia, dei quali la Regione deve necessariamente avvalersi”. Molte di quelle false entrate già iscritte a bilancio dovrebbero quini essere riscosse dagli uffici dello Stato. Lo stesso Stato che, sempre secondo la corte dei conti, dovrebbe mettere in pratica un “affiancamento gestionale e di monitoraggio della regione condiviso sulla base di un Piano pluriennale concordato”. Non sarà un commissariamento ma poco ci manca.