Si chiamava Modestino Pellino, 45 anni, considerato il luogotenente del clan Moccia, l’uomo ucciso nel pomeriggio nella centrale piazza Garibaldi di Nettuno, sul litorale laziale. Un nome di peso, attivo – per la Dda napoletana che lo aveva arrestato nel 2010, dopo che il suo nome era stato proposto per l’inserimento nella short list dei latitanti più pericolosi – nella zona di Afragola. Secondo le indagini dell’antimafia Pellino avrebbe fatto parte del gruppo di fuoco del clan Moccia, con un incarico di capo zona per i comuni di Caivano, Cardito, Carditello, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore. Un omicidio che le forze dell’ordine stanno definendo “eccellente” e sicuramente preoccupante, soprattutto per le modalità: in pieno giorno, senza curarsi dei possibili testimoni.
Pellino era arrivato a Nettuno lo scorso gennaio, con un provvedimento di sorveglianza speciale e l’obbligo di soggiorno. Nella città del litorale laziale viveva da solo e non è chiaro, al momento, perché abbia scelto questo luogo di residenza e quale attività svolgesse nella zona. Una delle ipotesi che circolano in queste ore è che l’esponente del clan Moccia possa essersi allontanato dalla provincia di Napoli perché temeva qualche ritorsione.
La sua esecuzione a Nettuno rappresenta sicuramente un salto di qualità nello scenario laziale, scosso ormai da tempo da una lunga scia di omicidi, molti dei quali legati alla criminalità organizzata. Il comune a sud di Roma era stato sciolto nel 2007 per infiltrazione della criminalità organizzata, unico caso nel Lazio. In questa zona è poi attiva una ‘ndrina del clan di ‘ndrangheta Gallace – originario di Guardavalle, in provincia di Catanzaro – colpita da due operazioni dei reparti anticrimine dei carabinieri, con decine di imputati per associazione mafiosa in attesa della sentenza di primo grado davanti al Tribunale di Velletri.