Sì dell'Aula alla legge che ora passa al Senato. Ma l'esecutivo è andato sotto su un ordine del giorno presentato da Manlio Contento sul filtro al processo civile d'appello. Severino: "Il governo è stato coerente"
Sì dell’Aula della Camera al decreto legge in materia di sviluppo. Il testo, approvato a Montecitorio con 382 sì, 68 no e 4 astenuti, passa ora al Senato. La giornata, tuttavia, è stata segnata dal voto che ha visto andare sotto il governo sull’introduzione del “filtro” per il processo civile d’appello. Un testo presentato dal deputato del Pdl Manlio Contento è passato per tre voti di scarto: 248 sì e 245 no. A favore hanno votato Pdl e Lega, contro Pd e Idv. Ma l’esecutivo Monti aveva espresso parere contrario su questo provvedimento.
Quanto accaduto in aula, non sembra preoccupare il ministro della Giustizia Paola Severino: “Il governo era pronto ad accogliere il dispositivo dell’odg ma non le premesse. E solo in una votazione non c’è stato il voto favorevole. Il governo – aggiunge – è stato coerente”. Ottimista il ministro dello Sviluppo Corrado Passera: “Il decreto sviluppo che sperabilmente diventerà legge” inserisce “nuovi tasselli importanti per favorire imprese e famiglie e fare ripartire l’economia”. Intanto Antonio Di Pietro (IdV) ha annunciato un ‘no’ “netto e convinto al decreto sviluppo”, aggiungendo che in questo decreto “c’è solo un miliardo di risorse, e quindi è solo una presa in giro, una operazione di propaganda portata avanti grazie a dei media asserviti a questa maggioranza falsa”.
L’esecutivo ha invece accolto un ordine del giorno della Lega Nord con cui si impegna a valutare l’opportunità che le risorse recuperate dalla vendita delle quote di società partecipate da parte degli enti locali non rientrino nei vincoli del Patto di stabilità interno. “Se attuato dal governo si tratterebbe di un provvedimento molto importante”, sostiene il deputato del Carroccio, Matteo Bragantini, che lo ha proposto. “Le misure adottate dal governo in materia di contenimento del debito pubblico nazionale e restrizione dei vincoli del Patto di stabilità interno stanno infatti determinando un blocco degli investimenti da parte degli enti locali che non possono pagare i debiti verso le aziende e i propri fornitori, creando così una pericolosa spirale”.