In questi giorni si moltiplicano le proteste contro l’abolizione dei tribunali più piccoli, prevista dalla c.d. spending review. Lo slogan martellante che ci viene ripetuto è che, così facendo, si eliminano presidi indispensabili contro la criminalità.
Nulla di meno vero, a mio avviso.
Nella mia carriera mi è capitato di lavorare, per quasi tre anni, in un piccolo tribunale calabrese, quello di Locri, nel cui territorio la ‘ndrangheta è cresciuta e si è rinforzata, negli ultimi 20 anni, fino a diventare la più pericolosa organizzazione criminale nazionale. Platì, San Luca, Locri, Mammola, Siderno sono solo alcuni dei luoghi tristemente noti alle cronache il cui territorio ricade nella competenza del tribunale di Locri.
A parte l’evidente risultato sotto gli occhi di tutti (cioè la crescita esponenziale del potere della ’ndrangheta locale) ho avuto modo di constatare personalmente e di convincermi che in realtà giudiziarie così piccole e delocalizzate si perde gran parte della efficienza, affogati letteralmente in ogni sorta di problemi organizzativi e logistici, e si rischia di subire molto più fortemente il condizionamento dell’ambiente, ivi compreso quello degli eventuali colleghi collusi (come purtroppo recenti cronache hanno evidenziato, solo dopo le indagini condotte, e ci si dovrebbe domandare perché, da magistrati di uffici giudiziari del Nord Italia). Molto meglio, a mio avviso, l’accorpamento con uffici più grandi.
Stupisce però la spending review alla “Patroni Griffi”. Il ministro per la funzione pubblica, che di lavoro è giudice amministrativo presso il Consiglio di Stato, ben conosce la realtà dei Tar e del Consiglio di Stato, che non sono stati minimamente toccati dalla riduzione.
Esistono così tribunali composti di tre soli magistrati, o di cinque, dieci magistrati (poco cambia), intorno ai quali gira uno sperpero enorme di denaro (segreterie, affitto dei locali, autisti, addetti alla pulizia, custodi, spese per telefoni, riscaldamenti, arta condizionata, ecc.) che ben potrebbero essere evitate semplicemente accorpando gli uffici o, se proprio si vuole mantenerli, ospitandoli in qualche stanza (in alcuni casi ne basterebbero tre o quattro, degli uffici giudiziari civili, di cui si potrebbe condividere il personale e le spese di utenza). Stupisce che il Ministro non vi abbia pensato.
Della mancanza di risultati ho già scritto e ne è seguita una interessante interrogazione parlamentare. Che dire invece del numero dei presidenti?
Al Consiglio di Stato vi è quasi un Presidente di sezione ogni tre magistrati. Nei Tar uno ogni cinque. In genere, in quanto presidenti, non scrivono sentenze (tranne rare eccezioni, che sarebbe stato meglio non vi fossero state), ma si limitano a distribuirle ai colleghi, di cui “coordinano” il lavoro. Uno spreco che non ha alcun senso, almeno a mio avviso.
Per come è organizzata ala giustizia amministrativa basterebbe infatti il solo presidente del TAR e del Consiglio di Stato, che potrebbe affidare la mera direzione dell’udienza, magari a rotazione, ai magistrati.
Ma anche questo pare essere sfuggito al Ministro-Giudice amministrativo Filippo Patroni Griffi, che non ha minimamente toccato l’organizzazione della Giustizia Amministrativa, nonostante sprechi ed acclarate mancanze di risultati.