Il processo che si aprirà a Palermo sulla trattativa Stato-mafia, a meno di un’improbabile archiviazione, è senza precedenti per la gravità eccezionale del capo di imputazione “attentato a corpo politico dello stato”, per l’oggetto sintetizzabile nella resa organizzata delle istituzioni a Cosa Nostra, per i nomi dei garanti politici, per la cortina di ombre, inquinamenti, depistaggi su cui vuole fare luce.
La richiesta di rinvio a giudizio per i dodici imputati, tra i quali solo Mancino è indagato per falsa testimonianza, suddivisi in capimafia, rappresentanti delle istituzioni ai massimi livelli e servitori dello stato, tutti, a vario titolo, coprotagonisti nella trattativa Stato-mafia è stata preceduta dalla notizia che Antonio Ingroia ha accettato l’incarico Onu in Guatemala.
I motivi per cui il PM di Palermo ha deciso di lasciare per un anno l’Italia, e le inchieste sulla collusione-sovrapposizione tra interessi mafiosi ed interessi “politici” che ha portato avanti dalla strage di via D’Amelio ad oggi, sono semplici quanto evidenti: “sono scettico sulla possibilità di fare molti passi avanti in questa situazione…con questi strumenti è complicato per il magistrato arrivare alla verità”.
E senza sottrarsi alle domande ha aggiunto con dichiarata amarezza che la sua scelta è motivata dopo il conflitto di attribuzioni sollevato dal Capo dello Stato, con connessi anatemi e crociate bipartisan contro la procura di Palermo, anche dall’intenzione di “raffredddare il clima” ed in sostanza di garantire ai colleghi di lavorare con maggiore serenità.
La richiesta di rinvio a giudizio per i coprotagonsti della trattativa, come la scelta del PM di lasciare il suo paese ed il suo lavoro nel momento in cui la procura di Palermo sta ricomponendo tutta la catena dei garanti politici degli accordi inconfessabili con Cosa Nostra, da Calogero Mannino a Marcello Dell’Utri, sono state avvolte da un silenzio tombale. Incrinato solo dalle recriminazioni e dai moniti contro i presunti “eversori” che si ostinano a voler parlare della trattativa e che pretendono la verità su via D’Amelio.
Sull’argomento si è avventurata, per raffreddare preventivamente gli animi, il ministro Paola Severino, che nell’elogiare le competenze di Ingroia che hanno motivato l’invito da parte dell’Onu, ha invitato a non“strumentalizzare” in alcun modo la sua scelta, nè tantomeno a collegarla al conflitto sollevato dal Quirinale e alle polemiche connesse.
Meno di una parola, come ha sottolineato Liana Milella nel suo blog su Repubblica, per commentare la scelta di Ingroia è stata spesa dall’ANM, già sostanzialmente schierata con il Quirinale, e il silenzio tombale dalle parti del CSM che però non ha posto un minuto in mezzo per aprire una pratica a carico di Roberto Scarpinato, reo di aver celebrato Borsellino senza ipocrisie a proposito dei sepolcri imbiancati con scheletri negli armadi che lo incensano da morto.
Ed è in questo silenzio altrettanto ipocrita degli opportunisti cultori del “quietare, sopire, tacere” che possono imperversare le tragicomiche nefandezze dell’ inossidabile Cicchitto che alla Zanzara, tra lapsus e gag involontarie, ha definito Ingroia “fazioso e falsario, nefasto per l’Italia” perché “fa il PM e l’uomo politico a tempo pieno” , con un corollario quasi horror: “Nessuno può paragonare Borsellino ad Ingroia sul terreno della lotta alla mafia. E infatti si è visto quello che è successo a Borsellino”.
Insomma, come dire? Borsellino se ne è andato per sempre perché era un vero pericolo per la mafia, l’unica interessata ad eliminarlo, dato che naturalmente per Cicchitto la trattativa è un’invenzione delle toghe politicizzate. Quelli come Ingroia non corrono nessun pericolo, perché non combinano niente e danno solo fastidio, e quindi toglierselo dai piedi almeno per un anno è già qualcosa e “Auguri all’ ONU, a suo rischio e pericolo… magari incriminerà Berlusconi anche internazionalmente..“
Naturalmente di quello che dice Cicchitto, per quanto sia pur sempre capogruppo alla Camera del maggior partito che “sostiene” il Governo, non potrebbe fregarcene di meno.
Il problema è che non si sentono voci libere sul fronte della politica, dell’ informazione, della magistratura associata che si domandino cosa sta succedendo; come è stato detto già molto tempo fa, il sonno della ragione, e aggiungerei, il silenzio della verità generano mostri.